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Studio Boschi Consuelenza del Lavoro

  • 10/07/2024

    Licenziamento - Scarsa redditività del servizio - Riconoscimento rapporto di natura subordinata - Domanda di applicazione della tutela reintegratoria - Indennità risarcitoria onnicomprensiva - Accoglimento parziale

     

    Rilevato che

     

    1. Il Tribunale di Brescia, con la pronuncia n. 176 del 2020, ha accolto la domanda proposta da E.V. nei confronti di S. C.S. srl diretta al riconoscimento di un rapporto di natura subordinata da marzo 2013 a settembre 2016 quale coordinatore del servizio di contabilità dinamica e dei prodotti ad esso collegati, mentre ha respinto quella diretta all’accertamento della illegittimità del recesso, per giustificato motivo oggettivo, ritenendo effettiva e non pretestuosa, in base alle stesse ammissioni del lavoratore, la soppressione del suddetto servizio.

    2. La Corte di appello di Brescia, con la sentenza n. 231/2020, ha confermato la statuizione sulla natura subordinata del rapporto intercorso tra le parti mentre ha dichiarato l’illegittimità del licenziamento intimato con comunicazione del 30.9.2018, dichiarando risolto il rapporto di lavoro alla medesima data e condannando la S. C.S. srl al pagamento di una indennità risarcitoria onnicomprensiva pari a dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori.

    3. I giudici di seconde cure hanno rilevato che, dall’esame delle risultanze istruttorie, erano emersi gli elementi per qualificare come subordinato il rapporto di lavoro svolto dal V. e che la mera ammissione della scarsa redditività del servizio cui era addetto il lavoratore, in assenza di altri elementi, non poteva integrare la prova della effettiva cessazione del servizio medesimo tale da giustificare il recesso; quanto alla tutela, hanno ritenuto applicabile quella prevista dall’art. 18 co. 5 legge n. 300/1970 non vertendosi in ipotesi di manifesta insussistenza del fatto.

    4. Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione S. C.S. srl affidato a due motivi cui ha resistito con controricorso, presentando altresì ricorso incidentale, sulla base di tre motivi, E.V.

    5. Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.

     

    Considerato che

     

    1. I motivi possono essere così sintetizzati.

    2. Con il primo motivo la ricorrente principale denuncia la violazione dell’art. 116 cpc riguardo al principio del prudente apprezzamento, in relazione all’art. 360 n. 4 cpc, contestando ai giudici di secondo grado un insufficiente e non prudente apprezzamento delle risultanze probatorie che aveva contribuito alla formazione del convincimento del giudice ai fini della decisione sulla natura del rapporto intercorso, con particolare riferimento alla ampiezza del vaglio giudiziale che aveva interessato le prove assunte.

    3. Con il secondo motivo si censura la violazione degli articoli 437, 115 e 116 cpc, in relazione all’art. 360 n. 3 cpc, per avere la Corte di appello ritenuto necessitante di prova il giustificato motivo di recesso consistente nella pacificamente ammessa perdita (e conseguente cessazione) del settore gestito dal ricorrente e per non avere rilevato d’ufficio la tardività della relativa nuova contestazione formulata, per la prima volta, solo in sede di appello.

    4. Con il primo motivo del ricorso incidentale il V. lamenta l’erroneità del capo della sentenza che ha rigettato la domanda di applicazione della tutela reintegratoria cd. attenuata ex art. 18 co. 4 e 7 St. lav.

    5. Con il secondo motivo si obietta la violazione dell’art. 132 co. 2 n. 4 cpc, per nullità della motivazione nella parte in cui è stata disposta l’applicazione della tutela meramente indennitaria di cui al quinto comma dell’art.18 legge n. 300/1970.

    6. Con il terzo motivo si deduce la violazione dell’art. 3 legge n. 604/1966 e dell’art. 18 co. 4, 5 e 7 legge n. 300/1970, in relazione all’art. 360 n. 3 cpc, per avere la Corte territoriale erroneamente escluso la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento.

    7. I due motivi del ricorso principale, da esaminare congiuntamente per la loro interferenza, non sono fondati.

    8. Le censure formulate, infatti, al di là delle denunziate violazioni di legge, si limitano, in sostanza, in una richiesta di riesame del merito della causa, attraverso una nuova valutazione delle risultanze processuali, in quanto sono appunto finalizzate ad ottenere una revisione degli accertamenti di fatto compiuti dalla Corte territoriale (Cass. n. 6519/2019) che è giunta alla conclusione che era sussistente il vincolo di subordinazione nel rapporto intercorso tra le parti e che non era stata fornita la prova della effettiva cessazione del servizio (contabilità dinamica) cui era addetto il V.

    9. In tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione dell'art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato - in assenza di diversa indicazione normativa - secondo il suo "prudente apprezzamento", pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cass. n. 20867/2020; Cass. n. 16016/2021): ipotesi, questa, non ravvisabile nel caso in esame in quanto vi è stata, da parte della Corte distrettuale, unicamente una valutazione delle risultanze probatorie.

    10. Va sottolineato, al riguardo, che la valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull’attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Cass. n. 16467/2017).

    11. Quanto, infine, alla questione delle tardive contestazioni, asseritamente avanzate per la prima volta solo in sede di gravame in violazione dell’art. 437 cpc, deve rilevarsi l’inammissibilità per difetto di specificità della doglianza in quanto articolata in modo estremamente generico (cfr. pag. 14, 3° cpv, del ricorso principale).

    12. I tre motivi del ricorso incidentale, anche essi da scrutinare congiuntamente per connessione logico-giuridica, sono invece fondati.

    13. Nelle more del giudizio, infatti, è intervenuta la pronuncia della Corte Costituzionale n. 125 del 2022 che, dichiarando l'illegittimità costituzionale dell'art. 18, settimo comma, secondo periodo, della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), come modificato dall'art. 1, comma 42, lettera b), della legge 28 giugno 2012, n. 92 (Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita), limitatamente alla parola «manifesta», ha in sostanza reso ininfluente ogni problematica sulla necessità, da parte dei giudici di merito, di delineare e, conseguentemente, di motivare sul concetto di “manifesta insussistenza” del fatto posto a base del licenziamento, essendo ormai sufficiente, per disporre la tutela reintegratoria attenuata, relativamente -nel caso di specie- alla posizione lavorativa del V., l’accertamento sulla semplice insussistenza del fatto e non anche su una inesistenza “prima facie”dei presupposti di legittimità del recesso tali da renderlo pretestuoso.

    14. Va, inoltre, ribadito che superata, sempre dalla giurisprudenza costituzionale (sent. n. 59 del 2021), è anche l’altra questione circa la facoltà (e non l’obbligo) del giudice di applicare la tutela reintegratoria in luogo di quella offerta dall’art. 18 co. 5 legge n. 300/1970, essendo stata dichiarata anche l’illegittimità costituzionale dell’art. 18, settimo comma, secondo periodo, della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale, nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), come modificato dall’art. 1, comma 42, lettera b), della legge 28 giugno 2012, n. 92 (Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita), nella parte in cui prevedeva che il giudice, quando accertava la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, «può altresì applicare» – invece che «applica altresì» – la disciplina di cui al medesimo art. 18, quarto comma.

    15. Alla stregua di quanto esposto il ricorso principale deve essere rigettato mentre, in accoglimento del ricorso incidentale, la gravata sentenza deve essere cassata in relazione ai motivi accolti e la causa va rinviata alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame tenendo conto dei citati principi di diritto e provvederà, altresì, alle determinazioni sulle spese anche del presente giudizio.

    16. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, limitatamente alla posizione della ricorrente principale, sempre come da dispositivo.

     

    P.Q.M.

     

    Rigetta il ricorso principale; accoglie il ricorso incidentale; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio.

    Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.

 

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