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Studio Boschi Consuelenza del Lavoro

  • 15/04/2024

    Trattamento fiscale delle indennità aggiuntive di fine servizio erogate da un Fondo di previdenza alimentato dalle somme derivanti dalle sanzioni pecuniarie riscosse a seguito dell'attività accertativa

     

    Con l'istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente

     

    Quesito

     

    Il Fondo istante (di seguito il Fondo o l'Istante), istituito con la legge 20 ottobre 1960, n. 1265 e disciplinato dal proprio Statuto approvato con decreto ministeriale 28 dicembre 2016, persegue finalità previdenziali e assistenziali a favore degli iscritti in servizio e in congedo e dei relativi familiari.

    Il Fondo al quale è riconosciuta autonomia gestionale, amministrativa e, con riguardo alle risorse, patrimoniale e finanziaria è un ente:

    a) dotato di propria soggettività giuridica, distinto e autonomo;

    b) amministrato da un Consiglio di amministrazione, composto da un Presidente e da un Vicepresidente nonché da due membri effettivi e tre componenti supplenti, scelti tra il personale in servizio permanente;

    c) controllato da un Collegio dei revisori;

    d) vigilato dal Comandante Generale del Corpo;

    e) il cui bilancio è sottoposto al controllo della Sezione Enti della Corte dei Conti.

    Secondo quanto affermato dall'Istante, il patrimonio del Fondo è alimentato dalle somme derivanti dalle sanzioni pecuniarie riscosse a seguito dell'attività accertativa condotta dagli appartenenti al Corpo.

    In base alle disposizioni contenute nell'articolo 18 dello Statuto, le entrate dell'Ente sono costituite da ''entrate correnti'' ed ''entrate in conto capitale''.

    In particolare, l'indennità di buonuscita ''aggiuntiva'' a quella liquidata dallo Stato, al militare che abbia maturato almeno nove anni di servizio effettivo alla data di cessazione definitiva dal servizio nel Corpo è finanziata, ai sensi dell'articolo 7, comma 6 dello Statuto, con il 65 per cento delle ''entrate correnti'' annuali di cui all'articolo 18, comma 2, lettere a) e b), ovvero i redditi patrimoniali (fitti, interessi attivi, ecc.) e i ''proventi istituzionali'', principalmente costituiti dai proventi derivanti: da sanzioni pecuniarie in materia di imposte dirette ed Iva, da quote di proventi relativi ad ''indennità commerciale'', da pene e prodotti di confisca, da infrazioni valutarie ecc..

    Al riguardo, l'Istante precisa che le descritte «fonti di alimentazione [...], costituiscono la parte principale di alimentazione delle entrate correnti che complessivamente annualmente affluiscono al Fondo di assistenza. Esse sono speculari a quelle che alimentano il Fondo di previdenza del personale Alfa dalle quali si differenziano per taluni profili caratterizzanti. [...] le fonti normative che legittimano l'alimentazione delle entrate del fondo di previdenza Alfa è sostanzialmente la stessa che interessa la quota (preponderante) delle entrate del fondo di assistenza, come detto destinate alla liquidazione della indennità di buonuscita a mente dell'art. 7 comma 6 dello Statuto».

    In proposito, l'Istante rileva che, in merito alla tassazione dell'''indennità aggiuntiva'' corrisposta dal Fondo di previdenza Alfa ai propri iscritti alla cessazione del servizio, nella risposta pubblicata l'8 settembre 2023, n. 425, si è ritenuto che «l'indennità corrisposta dal predetto Fondo ai propri iscritti quando cessano dal servizio attivo:

    a) è sottoposta a tassazione separata ai sensi dell'art. 17, comma 1, lettera a), del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo unico delle imposte sui redditi);

    b) costituisce base imponibile per un importo che si determina riducendo l'ammontare si determina riducendo l'ammontare netto della somma di euro 309,87 [...], ai sensi dell'art. 19, comma 2bis del citato provvedimento senza modificare la modalità di calcolo dell'aliquota impositiva avendo qualificato l'emolumento in ''indennità equipollente''».

    L'Istante evidenzia che, in base a quanto riportato nella predetta risposta, «la natura giuridica dell'Ente è di ''fondo di previdenza'', alimentato in massima parte da premi di produttività o incentivi all'attività di istituto tra i quali le sanzioni pecuniarie rilevando, altresì, che in base alle ultime pronunce della Suprema Corte, la prassi giurisprudenziale ha nel tempo consolidato il principio che l'indennità erogata al dipendente all'atto della cessazione dal servizio dal predetto Fondo ha funzione previdenziale ed è quindi assimilabile all'''indennità equipollente'' e non più rientrante, come sostenuto in precedenza, nell'ambito delle ''altre indennità'' in quanto rappresenta una forma di retribuzione differita con applicazione di tassazione separata e non integrale».

    Sulla base di quanto sopra evidenziato, «considerato che la fonte di alimentazione dei due Fondi è la medesima, così come è speculare la loro finalizzazione sotto forma di indennità supplementare», l'Istante chiede se si possa estendere la qualificazione di ''indennità equipollenti'' anche alla ''indennità aggiuntiva'' corrisposta ai propri iscritti dal Fondo istante, con la conseguenza che la relativa base imponibile debba essere determinata ai sensi dell'articolo 19, comma 2bis, del Tuir, nei termini illustrati nella citata risposta n. 425 del 2023.

    L'Istante rappresenta, infine, che il personale iscritto beneficia all'atto del collocamento in congedo di un periodo convenzionale aggiuntivo pari a cinque anni.

    In relazione alla quota di ''indennità aggiuntiva'' riferibile a detto periodo convenzionale, il Fondo chiede conferma che la stessa debba essere assoggettata a tassazione separata per l'intero ammontare e quale debba essere l'aliquota applicabile.

    Per completezza, riguardo alla tassazione di detta ''indennità aggiuntiva'', l'Istante evidenzia che attualmente, la stessa:

    è sottoposta a tassazione separata ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera a) del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir). L'aliquota di tassazione viene determinata ai sensi del d.m. 30 dicembre 1985, vale a dire applicando la medesima aliquota usata dall'ente erogante il trattamento di fine servizio (I.N.P.S.);

    costituisce base imponibile l'intero importo ai sensi dell'articolo 19, comma 2, del Tuir.

     

    Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente

     

    L'Istante ritiene che la base imponibile dell'indennità aggiuntiva:

    corrisposta ai propri iscritti in relazione agli anni di servizio possa essere determinata ai sensi dell'articolo 19, comma 2-bis, del Tuir, ovvero sia costituita da un importo che si determina riducendo l'ammontare netto di una somma pari a euro 309,87 per ciascun anno di servizio;

    mentre quella riferibile al periodo convenzionale sia costituita dall'intero ammontare.

    In relazione alla quota di indennità aggiuntiva riferibile al periodo convenzionale, l'Istante ritiene applicabile «l'aliquota media dell'ultimo mese di retribuzione».

     

    Parere dell'Agenzia delle Entrate

     

    Il comma 1 dell'articolo 17 del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir) individua i redditi che, in considerazione della loro tendenziale formazione pluriennale, non concorrono alla formazione del reddito complessivo cui si applica la tassazione ordinaria e che sono invece assoggettati al regime di tassazione separata.

    In particolare, il comma 1 del citato articolo, come modificato dal decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, dispone che «L'imposta si applica separatamente sui seguenti redditi:

    a) trattamento di fine rapporto di cui all'art. 2120 del codice civile e indennità equipollenti, comunque denominate, commisurate alla durata dei rapporti di lavoro dipendente, compresi quelli contemplati alle lettere a), d) e g) del comma 1 dell'art. 50, anche nelle ipotesi di cui all'art. 2122 del codice civile; altre indennità e somme percepite una volta tanto in dipendenza della cessazione dei predetti rapporti, comprese l'indennità di preavviso, le somme risultanti dalla capitalizzazione di pensioni e quelle attribuite a fronte dell'obbligo di non concorrenza ai sensi dell'art. 2125 del codice civile nonché le somme e i valori comunque percepiti, al netto delle spese legali sostenute, anche se a titolo risarcitorio o nel contesto di procedure esecutive, a seguito di provvedimenti dell'autorità giudiziaria o di transazioni relativi alla risoluzione del rapporto di lavoro».

    Per quanto concerne i criteri di determinazione dell'imposta per il trattamento di fine rapporto, il successivo articolo 19 specifica che:

    «1. Il trattamento di fine rapporto costituisce reddito per un importo che si determina riducendo il suo ammontare delle rivalutazioni già assoggettate ad imposta sostitutiva. L'imposta è applicata con l'aliquota determinata con riferimento all'anno in cui è maturato il diritto alla percezione, corrispondente all'importo che risulta dividendo il suo ammontare, aumentato delle somme destinate alle forme pensionistiche di cui al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124 e al netto delle rivalutazioni già assoggettate ad imposta sostitutiva, per il numero degli anni e frazione di anno preso a base di commisurazione, e moltiplicando il risultato per dodici. Gli uffici finanziari provvedono a riliquidare l'imposta in base all'aliquota media di tassazione dei cinque anni precedenti a quello in cui è maturato il diritto alla percezione, iscrivendo a ruolo le maggiori imposte dovute ovvero rimborsando quelle spettanti.

    1bis. Omissis

    1ter. Omissis

    2. Le altre indennità e somme indicate alla lettera a) del comma 1 dell'art. 17, anche se commisurate alla durata del rapporto di lavoro e anche se corrisposte da soggetti diversi dal datore di lavoro, sono imponibili per il loro ammontare complessivo, al netto dei contributi obbligatori dovuti per legge, con l'aliquota determinata agli effetti del comma 1. Tali indennità e somme, se corrisposte a titolo definitivo e in relazione ad un presupposto non connesso alla cessazione del rapporto di lavoro che ha generato il trattamento di fine rapporto, sono imponibili per il loro ammontare netto con l'aliquota determinata con i criteri di cui al comma 1.

    2bis. Le indennità equipollenti, comunque denominate, commisurate alla durata dei rapporti di lavoro dipendente di cui alla lettera a), del comma 1, dell'articolo 17, sono imponibili per un importo che si determina riducendo il loro ammontare netto di una somma pari a L. 600.000 [ndr. euro 309,87] per ciascun anno preso a base di commisurazione, con esclusione dei periodi di anzianità convenzionale; per i periodi inferiori all'anno la riduzione è rapportata a mese. Se il rapporto si svolge per un numero di ore inferiore a quello ordinario previsto dai contratti collettivi nazionali di lavoro, la somma è proporzionalmente ridotta. L'imposta è applicata con l'aliquota determinata con riferimento all'anno in cui è maturato il diritto alla percezione, corrispondente all'importo che risulta dividendo il suo ammontare netto, aumentato delle somme destinate alle forme pensionistiche di cui al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, per il numero degli anni e frazione di anno preso a base di commisurazione, e moltiplicando il risultato per dodici. L'ammontare netto delle indennità, alla cui formazione concorrono contributi previdenziali posti a carico dei lavoratori dipendenti e assimilati, è computato previa detrazione di una somma pari alla percentuale di tali indennità corrispondente al rapporto, alla data del collocamento a riposo o alla data in cui è maturato il diritto alla percezione, fra l'aliquota del contributo previdenziale posto a carico dei lavoratori dipendenti e assimilati e l'aliquota complessiva del contributo stesso versato all'ente, cassa o fondo di previdenza.».

    Al riguardo, si evidenzia che, con diversi documenti di prassi, l'Amministrazione finanziaria ha fornito chiarimenti in merito alle prestazioni erogate al momento della cessazione del rapporto di lavoro. In particolare, la circolare del Ministero delle Finanze 5 febbraio 1986, n. 2 (parte prima) ha chiarito che le «indennità equipollenti, comunque denominate, commisurate alla durata dei rapporti di lavoro dipendente» sono quelle spettanti ai pubblici dipendenti e, in specie, stante la codificata equipollenza, ovvero equivalenza con il TFR, quelle corrisposte in ogni caso in cui venga a cessare il rapporto di pubblico impiego o l'appartenenza ad una generale categoria di detto settore (ad es. l'indennità di buonuscita).

    Il documento di prassi ha specificato che, ove il dipendente abbia diritto a più indennità, il carattere di indennità ''equipollente'' non potrà che essere assegnato a quella ''principale'', spettante per il rapporto di pubblico impiego che lega il beneficiario all'ente o organismo di appartenenza.

    Più precisamente, la circolare ha specificato che «Non è, infatti, ipotizzabile che, in presenza di una pluralità di indennità, tutte siano qualificabili come ''equipollenti'' al T.F.R.. Poiché, infatti, questo è unico per tutti i lavoratori subordinati diversi dai pubblici dipendenti, analoga valutazione va fatta anche con riguardo ai pubblici dipendenti, privilegiando l'indennità che presenta i caratteri sopra descritti, ai fini della sua assimilazione al T.F.R.».

    Per quanto attiene alle «altre indennità e somme percepite una volta tanto in dipendenza della cessazione dei predetti rapporti», la medesima circolare n. 2 del 1986 (parte terza) ha chiarito come, in linea di principio, si tratti di emolumenti sia del comparto privato che di quello pubblico erogati in connessione al verificarsi della cessazione del rapporto di lavoro, comprese le indennità commisurate alla durata del rapporto stesso e che sono corrisposte anche da soggetti diversi dal datore di lavoro vero e proprio.

    Il citato documento di prassi ha affermato che «per il settore pubblico, ove normalmente non sono previste indennità, premi ed erogazioni aggiuntive dell'indennità di fine rapporto spettante in via principale, le ''altre indennità e somme'' si compendiano essenzialmente negli emolumenti erogati da Fondi o Casse di Previdenza che, per ciascuna categoria di pubblici dipendenti, di solito corrispondono un trattamento aggiuntivo di fine rapporto, ragguagliato per lo più agli anni di effettivo servizio prestato presso l'Amministrazione che eroga il trattamento. È, al riguardo, irrilevante che gli emolumenti siano erogati da un Ente o Cassa dotati o meno di personalità giuridica propria, e che l'adesione del pubblico dipendente all'Ente o alla Cassa derivi da iscrizione automatica (ope legis) ovvero volontaria».

    Ciò posto, come evidenziato dall'Istante, la risposta n. 425 del 2023 ha ad oggetto il trattamento fiscale dell'indennità aggiuntiva di fine servizio erogata dal Fondo di previdenza Alfa in relazione al quale, nel corso degli anni, è stata fatta valere in giudizio da numerosi contribuenti una tesi contraria a tale orientamento, sulla base della quale le somme erogate da tale specifico Fondo sarebbero, invece, assimilabili alle ''indennità equipollenti'' al trattamento di fine rapporto ed assoggettate a tassazione separata in base al combinato disposto di cui agli articoli 17, comma 1, lettera a), e 19, comma 2bis, del Tuir.

    In relazione a tale contenzioso, la Corte di cassazione è intervenuta, con numerose pronunce, affermando che l'indennità in parola è qualificabile come ''equipollente'' al TFR e, pertanto, si è consolidato nella giurisprudenza di legittimità un indirizzo in contrasto con la prassi dell'Amministrazione finanziaria.

    In proposito, si richiama l'ordinanza n. 18616 del 30 giugno 2023 con cui la Corte ha inteso dare continuità all'orientamento secondo cui «in tema di IRPEF, l'indennità supplementare corrisposta, all'atto della cessazione dal servizio, dal Fondo di previdenza .... ha funzione esclusivamente previdenziale ed è assimilabile alle ''indennità equipollenti'' di cui all'art. 17, comma 1, T.U.I.R., sicché rappresenta una forma di retribuzione differita con applicazione di tassazione separata e non integrale, essendo la composizione del fondo costituita in massima parte da premi di produttività o da incentivi da parte dell'istituto (così Cass. 5 ottobre 2016, n. 19859; nello stesso senso, Cass. 25 ottobre 2017, n. 25396; Cass. 31 gennaio 2017, n. 2458). Oltretutto, il fondo in questione, alla luce delle fonti normative che lo hanno istituito (v. d.P.R. n. 211 del 1981) e che lo disciplinano (in particolare, d.P.R. n. 1034 del 1984), eroga agli iscritti quando cessano di far parte, per qualsiasi causa, dei ruoli del personale dell'amministrazione un'indennità che ha funzione previdenziale, e che viene determinata in rapporto al numero degli anni di servizio civile, di ruolo e non di ruolo, prestato dalla data di effettiva immissione in servizio alla data di effettiva cessazione di appartenenza al personale ...., ivi compresi i periodi di assenza utili alla pensione. La composizione del fondo fa riferimento (art. 2 d.P.R. n. 1034/1984 cit.) ai proventi della vendita di beni confiscati; al recupero di crediti statali; alle sanzioni pecuniarie; a percentuali delle vincite del gioco del lotto (oltre che ad altre indennità perequative pensionabili, utili anche ai fini dell'indennità di buona uscita). Sicché esso può ritenersi alimentato, in massima parte, da premi di produttività e da incentivi all'attività d'istituto. L'erogazione in questione costituisce, pertanto, una forma di retribuzione differita che consente di ricondurla nell'ambito delle indennità equipollenti al trattamento di fine rapporto, di cui agli artt. 17-19 T.U.I.R., con conseguente assoggettamento a tassazione separata (così Cass. 11 novembre 2022, n. 37615)».

    Alla luce di tale orientamento, come riportato nella citata risposta, si è ritenuto che l'indennità aggiuntiva erogata dal predetto fondo di previdenza ai propri iscritti aventi diritto, alla cessazione del rapporto di lavoro, debba essere assoggettata a tassazione separata, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera a), del Tuir, e sia imponibile, ai sensi dell'articolo 19, comma 2bis, del Tuir, per un importo che si determina riducendo l'ammontare netto di una somma pari a euro 309,87 per ciascun anno di servizio, senza tener conto dell'ulteriore riduzione prevista dall'ultimo periodo della citata disposizione in quanto non è previsto il versamento di contributi a carico dei dipendenti.

    Nel caso di specie, posto che l'Istante ha affermato che «che la fonte di alimentazione dei due Fondi è la medesima, così come è speculare la loro finalizzazione sotto forma di indennità supplementare», si ritiene di poter estendere le conclusioni contenute nella citata risposta n. 425 del 2023 alla ''indennità aggiuntiva'' corrisposta dal Fondo istante ai propri iscritti, con la conseguenza che la relativa base imponibile deve essere determinata ai sensi dell'articolo 19, comma 2bis, del Tuir, nei termini illustrati nella predetta risposta.

    Ai sensi della citata disposizione, «l'imposta è applicata con l'aliquota d'imposta determinata con riferimento all'anno in cui è maturato il diritto alla percezione, corrispondente all'importo che risulta dividendo il suo ammontare netto [...] per il numero degli anni e frazione di anno preso a base di commisurazione, e moltiplicando il risultato per dodici» comprendendo anche l'importo riferibile al periodo di anzianità convenzionale.

    Al riguardo, come chiarito nella citata circolare n. 2 (parte VI) del 1986, a differenza del procedimento di determinazione della base imponibile in cui per l'anzianità convenzionale non compete la riduzione annua di euro 309,87 per ciascun anno di servizio, «nella determinazione del reddito di riferimento le anzianità convenzionali entrano invece a formare il computo degli anni e frazioni di anno, qualora, ai fini sostanziali, parimenti entrino nella base di commisurazione dell'indennità. Sarebbe, infatti, risultata punitiva l'esclusione delle annualità relative alle anzianità convenzionali dal computo del reddito di riferimento, dal momento che le stesse concorrono ad ogni effetto alla composizione dell'ammontare complessivo del T.F.R. o indennità equipollenti: e invero, si sarebbe elevato ingiustificatamente il reddito di riferimento, e conseguentemente l'aliquota media dallo stesso ricavabile».

    Pertanto, nel caso di specie, l'ammontare netto da considerare ai fini della determinazione dell'aliquota è l'intera ''indennità aggiuntiva'', al lordo della riduzione di euro 309,87 per ciascun anno di servizio, comprensiva della quota riferibile al periodo di anzianità convenzionale. Tale aliquota si applica sia all'''indennità aggiuntiva'' determinata in relazione agli anni servizio al netto della riduzione di euro 309,87 per ciascun anno di servizio, sia all'intera ''indennità aggiuntiva'' dovuta per il periodo di anzianità convenzionale.

    Con riferimento alle indennità già corrisposte e integralmente assoggettate a tassazione, il termine per la presentazione delle istanze di rimborso è quello previsto dall'articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, il quale, ai commi 1 e 2, prevede che: «Il soggetto che ha effettuato il versamento diretto può presentare [...] istanza di rimborso, entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento stesso, nel caso di errore materiale, duplicazione ed inesistenza totale o parziale dell'obbligo di versamento.

    L'istanza di cui al primo comma può essere presentata anche dal percipiente delle somme assoggettate a ritenuta entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data in cui la ritenuta è stata operata».

    Pertanto, nel caso in esame, il termine di decadenza di 48 mesi per l'esercizio del diritto al rimborso decorre dal giorno in cui la ritenuta è stata operata dal Fondo.

     

 

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