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Studio Boschi Consuelenza del Lavoro

  • 15/04/2024

    Lavoro - Licenziamento disciplinare per giusta causa - Mancato rispetto orario di servizio - Fraudolenta falsificazione registro presenze - Termini ricorso - Inammissibilità

     

    Fatti di causa

     

    1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Napoli rigettava il reclamo proposto da M.P. contro la sentenza del Tribunale di Nola n. 2584/2021, la quale aveva rigettato la sua opposizione all’ordinanza del medesimo Tribunale che, nella fase sommaria del procedimento ex lege n. 92/2012, pure aveva respinto il suo ricorso avverso il licenziamento disciplinare per giusta causa intimatogli dalla E. s.p.a. con missiva datata 20.6.2018, a seguito di contestazioni di addebito del 9.5.2018 e del 23.5.2018.

    2. La Corte territoriale premetteva che alcuna specifica censura era stata mossa dal reclamante alla parte della sentenza in cui il Tribunale aveva esaminato la domanda di nullità del licenziamento in quanto discriminatorio e alle motivazioni esposte a sostegno del relativo rigetto.

    2.1. Inoltre, la Corte, richiamata la prima missiva di contestazione del 9.5.2018 (in cui, in sintesi, era stato addebitato al lavoratore, oltre al mancato rispetto dell’orario di servizio prescritto dall’azienda, di essersi reso responsabile della fraudolenta falsificazione del registro presenze, con conseguente indebita appropriazione del trattamento retributivo corrispondente ad ore non lavorate) e richiamata anche la seconda missiva del 23.5.2018 (nella quale venivano mosse ulteriori contestazioni al dipendente), respingeva tutte le doglianze del reclamante.

    2.2. Concludeva che la consapevole e reiterata condotta, tenuta in violazione dei principi di lealtà e correttezza, menomava la fiducia del datore di lavoro nell’esattezza dei successivi adempimenti da parte del lavoratore e giustificava l’irrogazione della sanzione massima del licenziamento. Infine, quanto alla dedotta violazione da parte del datore di lavoro degli artt. 2, 3 e 4 L. n. 300/1970, riteneva che trattavasi di questione nuova, prospettata per la prima volta in sede di reclamo, e, in ogni caso, giudicava tale doglianza infondata.

    3. Avverso tale decisione, M.P. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.

    4. L’intimata ha resistito con controricorso.

    5. Il Consigliere delegato ex art. 380 bis c.p.c. novellato, con atto depositato il 21.6.2023, ha proposto la definizione del ricorso per cassazione nel senso della sua inammissibilità per tardività.

    6. Con atto depositato telematicamente il 31.7.2023, il difensore del ricorrente ha chiesto di disporre la decisione del ricorso.

     

    Ragioni della decisione

     

    1. Osserva il Collegio che nella cennata proposta in data 21.6.2023 si è rilevato che: “il ricorso è inammissibile in quanto tardivo, non essendo stato rispettato il termine breve di sessanta giorni dettato dall’art. 1, comma 62, della legge n. 92 del 2012 per l’impugnazione della sentenza di appello, termine che decorre dalla comunicazione, via pec, della sentenza da parte della Cancelleria. Invero, come allegato (e provato, mediante deposito dei relativi atti) dal controricorrente, la sentenza della Corte distrettuale è stata comunicata ad entrambe le parti (e in ispecie, all’avvocato M.R.S., procuratore del lavoratore ricorrente nel giudizio di reclamo), via pec, il 31.5.2022 e il ricorso per cassazione è stato notificato alla società controricorrente in data 25.11.2022, ossia ben oltre il termine di 60 giorni. Questa Corte ha già affermato con riguardo al reclamo disciplinato dal comma 58 dell’art. 1, legge n. 92 del 2012, che il termine per impugnare nell’ambito del rito c.d. Fornero decorre dalla semplice comunicazione del provvedimento, trattandosi di previsione speciale, che in via derogatoria comporta la decorrenza del termine da detto incombente, su cui non incide la modifica dell’art. 133 cod. proc. civ., comma 2, nella parte in cui stabilisce che “la comunicazione non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all’art. 325 cod. proc. civ.”, in quanto attiene al regime generale della comunicazione dei provvedimenti da parte della Cancelleria (Cass. n. 6059 del 2018); lo stesso principio è stato affermato con riguardo al ricorso per cassazione nell’ambito del medesimo rito Fornero, anche in considerazione dello stesso tenore testuale dei commi 58 (che regola il reclamo davanti alla Corte di appello) e 62 (che disciplina il ricorso per cassazione) dell’art. 1 della legge n. 92 citata (Cass. n. 32263 del 2019, con ampia motivazione sul punto; nello stesso senso, Cass. n. 482 del 2023). Deve, pertanto, dichiararsi l’inammissibilità per tardività dell’impugnazione in quanto controversia che è stata trattata, sin dal primo grado, secondo il rito c.d. Fornero, con conseguente applicazione del termine di sessanta giorni per la proposizione del ricorso per cassazione ai sensi della legge n. 92 del 2012, art. 1, comma 62”.

    2. Nella sua richiesta di decisione, il ricorrente “ritiene di dover confutare le suddette conclusioni con riferimento all’art. 133 comma 2 cpc secondo cui la comunicazione, da parte della Cancelleria, del testo integrale del provvedimento depositato non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all’art. 325 c.p.c.”.

    3. Ritiene, invece, il Collegio di dover condividere senz’altro la proposta elaborata dal Consigliere delegato ex art. 380 bis, comma 1, c.p.c.

    4. In particolare, il ricorrente non pone in dubbio di aver ricevuto dalla cancelleria del giudice a quo in data 31.5.2022 la comunicazione del testo integrale della sentenza della Corte territoriale depositata e pubblicata quello stesso giorno, come del resto dedotto e documentato dalla controricorrente (cfr. doc. 4 in allegato al controricorso), nell’eccepire l’inammissibilità del ricorso per cassazione.

    5. Né il ricorrente contesta che nel procedimento sia stato applicato il c.d. rito Fornero di cui all’art. 1, commi 47-68, della cit. l. n. 92/2012. In proposito, peraltro, occorre precisare che il comma 62 di tale articolo è stato successivamente abrogato dall’articolo 37, comma 1, lett. e) d.lgs. 10.10.2022, n. 149, ma a decorrere dal 28 febbraio 2023, secondo quanto stabilito dall’art. 35, comma 1, dello stesso decreto, come modificato dall’art. 1, comma 380, della L. n. 197/2022. Per conseguenza, detta norma era ancora applicabile ratione temporis all’atto della notifica del ricorso in esame, eseguita il 25.11.2022.

    6. Tanto precisato, l’unico rilievo del ricorrente nella sua richiesta di decisione del ricorso, come si è visto, fa leva su quanto previsto dall’art. 133, comma secondo, ultimo periodo, c.p.c. novellato, ma trova smentita giuridica nella giurisprudenza di questa Corte già richiamata nella proposta per la decisione accelerata del ricorso.

    7. D’altronde, detto indirizzo è stato più volte, anche di recente, ribadito nel senso che sulla previsione speciale del citato comma 62 non incide la modifica dell’art. 133, comma 2, c.p.c. (nella parte in cui stabilisce che la “comunicazione non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all’art. 325”); norma di carattere generale riguardante la comunicazione dei provvedimenti da parte della Cancelleria (così tra le altre Cass. n. 35023/2023, n. 6010/2023).

    8. Devesi, di conseguenza, confermare che la ridetta comunicazione di cancelleria, recante il testo integrale della sentenza pubblicata, era idonea a far decorrere il termine di sessanta giorni per ricorrere in cassazione ex art. 1, comma 62, l. n. 92/2012, avverso la stessa sentenza; termine invece nella specie non osservato dal ricorrente quando era ancora vigente tale previsione.

    9. In definitiva, in conformità alla suddetta proposta, il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile.

    10. Il ricorrente, soccombente in rito, dev’essere condannato al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuto al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto. Inoltre, ai sensi dell’art. 380 bis, ult. comma, c.p.c. novellato, siccome il giudizio di legittimità viene definito in conformità alla proposta di cui sopra, devono essere applicati il terzo ed il quarto dell’art. 96 c.p.c. nei termini specificati in dispositivo.

     

    P.Q.M.

     

    Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi e in € 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, IVA e C.P.A. come per legge; condanna, altresì, la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, della somma di € 2.000,00, ex art. 96, comma terzo, c.p.c., ed al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di € 2.000,00, ex art. 96, comma quarto, c.p.c.

    Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

 

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