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Studio Boschi Consuelenza del Lavoro

  • 24/06/2022

    Lavoro - Dipendenti INAIL - Mancata attribuzione di incarichi - Violazione del criterio di massima distribuzione - Mancato assolvimento dell’onere della prova - Insussistenza

    Rilevato che

     

    1. S.L. e C.R., dipendenti INAIL, abilitati al ruolo di Responsabili della Sicurezza e della Prevenzione, hanno agito per il risarcimento del danno da essi subito per la mancata attribuzione dei corrispondenti incarichi, attuata a loro dire in favore sempre dei soliti dipendenti, in violazione del criterio di massima distribuzione di cui al Regolamento di Istituto;

    2. la Corte d'Appello di Roma, riformando la sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda, ritenendo che i ricorrenti non avessero specificamente allegato e dimostrato la scorretta condotta datoriale, essendosi limitati ad affermare di non essere mai stati destinatari di detti incarichi, reiteratamente attribuiti ad altri, senza peraltro indicare — rilevava la Corte territoriale - i nominativi dei dipendenti prescelti od offrire elementi di dimostrazione della massima distribuzione degli incarichi;

    3. i lavoratori hanno proposto ricorso per cassazione con tre motivi, resistiti dall'INAIL con controricorso;

    4. la proposta del relatore, ai sensi dell'art. 380-bis cod. proc. civ., è stata notificata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio non partecipata;

     

    Considerato che

     

    1. con il primo motivo è addotta la violazione dell'art. 112 c.p.c., sul presupposto che nei motivi di appello non fosse stato contestato che non vi fosse stata rotazione degli incarichi, come accertato dal Tribunale e tuttavia la Corte di merito aveva accolto il gravame argomentando anche su tale punto, così eccedendo da quanto ad essa devoluto;

    2. la violazione denunciata non sussiste;

    3. la sentenza di appello fonda il proprio decisum sull'assunto della mancanza di prova di una scorretta condotta datoriale, sottolineando come i ricorrenti avessero insitito soltanto della mancanza di rotazione;

    4. tale valutazione non è per nulla scoordinata rispetto alle censure proposte dall'INAIL, quali riepilogate a pag.

    8 del ricorso per cassazione, con riferimento all'esistenza di altri criteri di scelta ed alla preponderanza della decisione fiduciaria;

    5. d'altra parte, il fatto che il criterio di rotazione sia solo uno degli elementi da valutare nell'apprezzamento complessivo dell'asserita illegittimità del comportamento datoriale individua una mera difesa, non soggetta a preclusioni (C. 10811/2011) una volta riaperto il dibattito, con l'appello, sulla correttezza delle decisioni assunte, dato l'effetto devolutivo pieno del gravame, destinato ad estendersi a tutto quanto utile a ricostruire ex novo il tema transitato al giudizio di secondo grado e dovendosi escludere qualsiasi effetto preclusivo rispetto solo ad alcuni elementi della fattispecie, destinati a potere essere riesaminati, sempre in ragione del menzionato effetto devolvo, allorquando vi sia stato appello su altri (C. 2217/2016 ed altre conformi);

    6. il secondo motivo adduce la violazione di legge e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., nonché degli artt. 115 e 116, co. 1, c.p.c., sostenendosi che la sentenza impugnata avrebbe realizzato un'inversione degli oneri probatori e ciò in quanto, essendo incontestato che ai ricorrenti non fossero stati dati gli incarichi oggetto di causa, spettava all'ente, anche per vicinanza ai mezzi di prova, dimostrare il rispetto dei criteri di rotazione;

    7. il terzo motivo è formulato ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c. e, con esso, si fa riferimento all'esistenza di un elenco, previsto dal Regolamento dell'ente, da cui il datore di lavoro avrebbe dovuto attingere al fine di affidare gli incarichi, all'assenza di motivazione datoriale rispetto alla scelta sempre dei medesimi soggetti ed all'esistenza di una previsione del Codice di comportamento che fa riferimento alla rotazione;

    8. i due motivi, da analizzare congiuntamente, presentano ad avviso del collegio più tratti convergenti di inammissibilità;

    9. la motivazione della Corte territoriale, nel rilevare la limitatezza della sola insistenza sul criterio della rotazione, fonda l'assenza di allegazione e prova sul piano dell'insufficienza di quell'aspetto ad attestare un inadempimento datoriale;

    10. a fronte di ciò, anche per il rilievo, contenuto nel motivo di appello dell'ente e che è stato poi accolto in secondo grado, dell'esistenza di altri criteri di scelta, rispetto ai quali quello della rotazione diverrebbe secondario e residuale, il ricorso per cassazione avrebbe dovuto essere corredato da una puntuale ricostruzione narrativa ed argomentativa in ordine all'intero assetto della disciplina regolamentare interna, non richiamabile solo per limitatissimi estratti (come è nel terzo motivo, a proposito dei richiami a passaggi sulla natura fiduciaria della scelta ed al contempo sulla formazione di un elenco da cui attingere), restando altrimenti inafferrabile il reale determinarsi di un vizio di legittimità;

    11. la formulazione dei motivi si pone dunque in contrasto con i presupposti di specificità di cui all'art. 366, co. 1, c.p.c. (C. 10072/2018) e di autonomia del ricorso per cassazione (C., S.U., 11308/2014) che la predetta norma nel suo complesso esprime, con riferimento in particolare, qui, ai nn. 4 e 6 della stessa disposizione, da cui si desume la necessità che la narrativa e l'argomentazione siano idonee, riportando anche la trascrizione esplicita dei passaggi degli atti e documenti su cui le censure si fondano, a manifestare pregnanza, pertinenza e decisività delle ragioni di critica prospettate, senza necessità per la S.C. di ricercare autonomamente in tali atti e documenti i corrispondenti profili ipoteticamente rilevanti (v. ora, sul punto, C., S.U., 34469/2019;

    12. non è poi vero che il solo fatto dell'assenza di nomina dei ricorrenti avrebbe imposto all'ente di dimostrare di avere proceduto correttamente nel decidere altrimenti;

    13. secondo la sentenza della Corte territoriale, la valutazione di correttezza del comportamento datoriale non si limita al profilo della rotazione degli incarichi e già si è detto che tale ricostruzione resiste ai motivi di impugnazione per come proposti;

    14. se così è, tuttavia, è evidente come la mancata attribuzione di quegli incarichi ai ricorrenti sia stata del tutto insufficiente a dimostrare alcunché, così come è evidente che la Corte territoriale, ritenendo che fosse necessario un più ampio inquadramento del comportamento, per definirne la scorrettezza, non ha per nulla invertito gli oneri probatori, ritenendo soltanto - lo si ripete ancora - l'insufficienza di quanto addotto dai ricorrenti;

    15. più in generale - in assenza di completezza rispetto a quegli elementi regolamentari di cui si è detto - le affermazioni sul difetto di motivazione dell'ente rispetto alle proprie scelte o al rilievo da attribuire all'elenco degli abilitati si traducono nella prospettazione di una diversa valutazione del merito della causa, inappropriata rispetto al giudizio di legittimità (Cass., S.U., 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass., S.U., 25 ottobre 2013, n. 24148);

    16. così come non può sottacersi che il vizio di cui all'art. 360 n. 5 c.p.c., secondo il tenore della disposizione vigente e qui applicabile ratione temporis, riguarda l'omesso esame di ben individuati fatti storici, di cui si consenta di percepire la decisività, sotto il profilo di un'alta capacità logica di sovvertire l'esito della decisione, il che non può ritenersi avvenuto, ancora in ragione degli insufficienti elementi addotti;

     

    P.Q.M.

     

    Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento in favore della controparte delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 2.500,00 per compensi ed € 200,00 per esborsi, oltre spese generali in misura del 15% ed accessori di legge.

    Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

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