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Studio Boschi Consuelenza del Lavoro

  • 26/05/2022

    Prestazione assistenziale - Assegno per il nucleo familiare sulla pensione IO - Condizione di soggetto inabile - Domanda di pensione per inabilità civile

    Rilevato che

     

    con sentenza n. 12 del 2020, la Corte d'appello di Lecce ha rigettato l'impugnazione proposta dall’INPS avverso la sentenza di primo grado, che aveva accolto la domanda proposta da R.N. al fine di ottenere il riconoscimento del diritto all’assegno per il nucleo familiare sulla pensione IO di cui fruiva, decorrente dal mese di agosto 2008; la Corte territoriale ha ritenuto integrato il presupposto relative alla condizione di soggetto inabile a profìcuo lavoro fin dal mese di maggio 2016, come attestato dalla Commissione sanitaria di Ugento in relazione alla domanda di pensione per inabilità civile, dovendosi ritenere sufficiente tale accertamento ed irrilevante che la parte non si fosse sottoposta alla visita finalizzata ad accertare lo stato di inabilità ai sensi della legge n. 222 del 1984 ;

    avverso tale sentenza ricorre per cassazione l'Inps formulando un motivo;

    resiste R.N. con controricorso;

    la proposta del relatore sensi dell'art. 380 bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza camerale non partecipata.

     

    Considerato che

     

    con l’unico motive di ricorso si denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 2, comma 2, d.l. 13 marzo 1988, n. 69, convertito con modificazioni in L. 13 maggio 1988, n. 153:

    il ricorrente osserva che l'interpretazione accolta dalla sentenza impugnata aveva, nella sostanza, impedito l’accertamento del requisito sanitario previsto dalla legge sull’assegno per il nucleo familiare, nella ipotesi del più favorevole tetto reddituale, giacché aveva ritenuto idoneo l’accertamento effettuato al diverso fine della ricorrenza del presupposto sanitario necessario ad ottenere la pensione di inabilità civile e ciò pur trattandosi di presupposto non pienamente coincidente con quello qui richiesto, che rinvia alla inabilità di cui alla legge n. 222 del 1984;

    il ricorso deve essere accolto;

    l'assegno per il nucleo familiare, istituito con il D.L. 13 marzo 1988, n. 69, art. 2, convertito con modificazioni nella L. 13 maggio 1988, n. 153, è una prestazione a sostegno delle famiglie dei lavoratori dipendenti e dei pensionati da lavoro dipendente, i cui nuclei familiari siano composti da una o più persone e il cui reddito complessivo familiare sia al di sotto delle fasce reddituali, stabilite di anno in anno dalla legge;

    la disciplina dettata dal D.L. 13 marzo 1988, n. 69 cit., art. 2, comma 3, ha rinviato, per quanto non previsto, alle disposizioni del T.U. sugli assegni familiari, approvato con il D.P.R. 30 maggio 1955, n. 1124 e, dunque, ha lasciato in vigore la disciplina preesistente per quel che riguarda i presupposti oggettivi e le modalità di erogazione della prestazione, la quale assume a parametro, per il riconoscimento del diritto, il reddito familiare;

    nel D.L. n. 69 del 1988 cit., art. 2, comma 10, è previsto che "l'assegno non spetta se la somma dei redditi da lavoro dipendente, da pensione o da altra prestazione previdenziale derivante da lavoro dipendente è inferiore al settanta per cento del reddito complessivo del nucleo familiare";

    ne consegue che, a norma dell'art. 2697 c.c., qualora si agisca in giudizio per far valere il proprio diritto all'assegno per il nucleo familiare occorre provare non solo lo svolgimento effettivo dell'attività lavorativa, ma anche l'insussistenza della condizione ostativa di cui al citato D.L. n. 69 del 1988, art. 2, comma 10 (v. Cass. 27 marzo 2004, n. 6155; v. pure Cass. 17 aprile 2014, n. 8973);

    ulteriore profilo, rilevante nella controversia in esame, è quello relativo al destinatario della prestazione, che vede come unità di riferimento il nucleo familiare, che può essere composto dal richiedente lavoratore o titolare della pensione, dal coniuge che non sia legalmente ed effettivamente separato; dai figli ed equiparali di età inferiore a 18 anni, conviventi o meno, ovvero, senza limite di età, qualora si trovino, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, nell'assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi ad un proficuo lavoro;

    la L. n. 222 del 1984, ha introdotto un'unica ed unitaria nozione di "inabilità" che vale per integrare il diritto sia alla relativa pensione (art. 2), sia alla pensione di reversibilità (come si evince dal riferimento contenuto nella legge cit., art. 8 e della L. 21 luglio 1965 n. 903, artt. 21 e 22), sia ai fini del diritto agli assegni familiari, posto che l'art. 8 cit., comma 2 sostituisce l'art. 4 del TU 30 maggio 1955, n. 797 (Cass. 26/08/2004, n. 16955; Cass. 26/6/2016, n. 10953; Cass. 9/4/2018, n. 8678);

    sono quindi "inabili" alla stregua della L. n. 222 del 1984, artt. 2 e 8, contenenti identica dizione, "le persone che, a causa di infermità o difetto tisico o mentale, si trovino nell'assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa"; la assoluta e permanente impossibilità a svolgere qualsiasi attività lavorativa deve essere determinata esclusivamente dalla infermità ovvero dal difetto fisico o mentale, non già da circostanze estranee alle condizioni di salute, senza che debba verificarsi, in caso di mancato raggiungimento di una totale inabilità, il possibile impiego delle eventuali energie lavorative residue in relazione al tipo di infermità e alle generali attitudini del soggetto (in tal senso, Cass. n. 10953/2016, cit., e Cass. n. 8678/2018, cit.);

    la Corte territoriale non si è attenuta a questi principi, avendo riconosciuto la prestazione pur in mancanza del positivo accertamento del necessario requisito sanitario, che non coincide con il diverso riconoscimento della inabilità civile, in seno a procedimento finalizzato all’ottenimento della relativa pensione ai sensi dell’art. 12 della l. n. 118 del 1971;

    il ricorso va quindi accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio ad altro Giudice che si designa nella Corte d'appello di Lecce, in diversa composizione, il quale si atterrà ai principi di diritto su espressi e provvederà anche a regolare le spese di questo giudizio.

     

    P.Q.M.

     

    Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d'appello di Lecce in diversa composizione.

 

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