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Studio Boschi Consuelenza del Lavoro

  • 29/11/2021

    Orario di lavoro - Dipendenti pubblici del comparto Regioni ed Enti Locali - Addetti al lavoro in turni - Infermieri - Turni di lavoro in giornata festiva infrasettimanale - Riconoscimento di riposo compensativo esclusione

     

    Ritenuto che

     

    la Corte d'Appello di Venezia ha confermato la sentenza del Tribunale di Rovigo con la quale era stata respinta la domanda di alcuni dipendenti del Consorzio Isola di Ariano Servizi Sociali (di seguito, CIASS), addetti, come infermieri, al lavoro in turno presso varie Case di Riposo, con applicazione del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (di seguito CCNL) del comparto Regioni ed Enti Locali, proposta per far accertare il diritto dei lavoratori turnisti al computo dell'orario di lavoro tenendo conto, come giornate non lavorative da accreditare in banca ore, delle giornate festive infrasettimanali in concreto lavorate, cosi come avveniva per i dipendenti non inseriti in turni;

    la Corte territoriale motivava richiamando i precedenti, in senso sfavorevole alla domanda dispiegata, di Cass. 2 aprile 2014, n. 7726; Cass. 9 aprile 2010, n. 8458.

    i lavoratori hanno proposto ricorso per cassazione con un motivo, poi illustrato da memoria e resistito da controricorso del CIASS;

     

    Considerato che

     

    con l'unico motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione (art. 360 n. 3 c.p.c.) dell'art. 5 L. 260/1949, così come modificato dall'art. 1 L. 90/1954, nonché dei CCNL di comparto, artt. 22 e 24;

    i ricorrenti fanno rilevare come, non riconoscendo, per i lavoratori turnisti, il lavoro nelle festività infrasettimanali come lavoro in giornata festiva si determinava un aumento per essi delle ore lavorative complessive, senza il riconoscimento dei medesimi diritti che, in tali frangenti, spettavano ai lavoratori "giornalieri" cui si assicurava il riposo compensativo o, in mancanza il compenso per lavoro straordinario festivo.

    Nel motivo si rileva come la modalità organizzativa del lavoro, in turni o per giornate lavorative) non potesse costituire una variabile per diversificare il quadro contrattuale e legale per la definizione dell'orario ordinario e straordinario, né per creare difformità di trattamento quanto ad orari complessivi di lavoro o di considerazione delle giornate festive infrasettimanali.

    Il motivo va disatteso;

    Questa S.C., con una serie di precedenti conformi e stabili, pronunciati anche a distanza di tempo, ha ritenuto, con orientamento qui condiviso ed alle cui motivazioni si rinvia anche ai sensi dell'art. 118, co.l, disp. att. c.p.c., che «in materia di pubblico impiego, ai dipendenti del comparto delle regioni e delle autonomie locali che svolgono la prestazione lavorativa con il sistema dei turni, funzionale all'esigenza di continuità del servizio, si applica, ove la prestazione cada in giornata festiva infrasettimanale, come in quella domenicale, l'art. 22, comma 5, del c.c.n.I. 14 settembre 2000 del comparto autonomie locali, che compensa il disagio con la maggiorazione del 30 per cento della retribuzione, mentre il disposto dell'art. 24, che ha ad oggetto l'attività prestata dai lavoratori dipendenti in giorni festivi infrasettimanali, oltre l'orario contrattuale di lavoro, trova applicazione soltanto quando i predetti lavoratori siano chiamati a svolgere la loro attività, in via eccezionale od occasionale, nelle giornate di riposo settimanale che competono loro in base ai turni, ovvero in giornate festive infrasettimanali al di là dell'orario di lavoro» (Cass. 14 agosto 2019, n. 21412, con cui è stata cassata la pronuncia della Corte d'Appello di Milano che i ricorrenti citano a conforto delle loro tesi; Cass. 7726/2014, cit.; Cass. 8458/2010, cit.; ora, tra le molte, v. da ultimo anche Cass. 7 luglio 2021, n. 19326);

    la particolarità del presente giudizio è che esso è impostato, come si evince dallo storico di lite, non tanto perseguendo direttamente l'attribuzione di compensi ulteriori per il lavoro svolto nelle festività infrasettimanali, quanto prospettando piuttosto come il trattamento di quelle giornate, per i turnisti, senza previsione di riposo compensativo (o di compenso sostitutivo di esso per lavoro straordinario) comporti in sostanza la sottoposizione di essi ad un orario complessivamente maggiore rispetto ai dipendenti "giornalieri";

    l'effetto può anche essere vero, tuttavia esso non comporta alcun mutamento nella definizione della controversia;

    anche l'originaria disposizione di cui all'art. 5 L. 260/1949, come modificata dall'art. 1 L. 90/1954 altro non comporta, qualora vi sia lavoro nelle giornate festive infrasettimanali, che differenze di tipo economico;

    pertanto, tenuto conto che il lavoro in tali festività riguarda singole evenienze, talora destinate a sovrapporsi anche con l'ordinaria festività settimanale, non è irrazionale che il CCNL di comparto abbia regolato il lavoro in quelle giornate, per quanto riguarda i lavoratori turnisti, solo con il riconoscimento di una maggiorazione economica, che è quella del 30% in caso di lavoro festivo tout court e del 50% se si tratti di lavoro festivo notturno;

    d'altra parte, una tale regolazione economica è coerente con l'esigenza di continuità propria del lavoro per turni ed inoltre, attraverso una espressa previsione di onnicomprensività contenuta nell'art. 22 del CCNL citato, mostra che con essa sono stati considerati, in sede di contrattazione collettiva, tutti i disagi conseguenti al lavoro per turni, ivi compreso quello qui considerato;

    non rilevante è il richiamo dei ricorrenti alle pronunce di Cass. 17 aprile 2007, n. 9097 e Cass.25 gennaio 2021 n. 1505, in quanto relative a diversi regimi ovverosia, la prima, a quello/anteriore alla privatizzazione del d.p.r. 268/1987 e, la seconda, al Comparto Sanità, essendo evidente che ogni sistema negoziale o ad esso assimilabile, ben può articolare secondo le modalità ritenute più opportune quanto oggetto del rapporto tra lavoro in turni, festività infrasettimanali e remunerazioni o riposi.

    il ricorso va dunque rigettato e le spese seguono la soccombenza;

     

    P.Q.M.

     

    Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento in favore della controparte delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali in misura del 15% ed accessori di legge.

    Ai sensi dell'art. 13 comma 1-quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.

 

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