Maternità e paternità
Maternità obbligatoria
La lavoratrice deve obbligatoriamente assentarsi dal lavoro, due mesi prima la data presunta del parto e tre mesi dopo il parto. In caso di “gravidanza a rischio” per cause soggettive e/o oggettive, vedere oltre)
La lavoratrice, fermo restando la durata complessiva dell’astensione obbligatoria di 5 mesi, può scegliere di posticipare il periodo, assentandosi dal lavoro un mese prima del parto e quattro mesi dopo il parto. La condizione per ottenere tale flessibilità è che il medico del Servizio Sanitario Nazionale, o un medico convenzionato con il SSN e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione con cui si chiede il ritardo dell’inizio dell’astensione obbligatoria non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro.
Il ricorso all’opzione per la flessibilità del congedo di maternità è esercitabile solo in presenza di alcuni presupposti che il Ministero del Lavoro ha espressamente elencato:
1) assenza di condizioni patologiche che configurino situazioni di rischio per la salute della lavoratrice e/o del nascituro al momento della richiesta;
2) assenza di un provvedimento di interdizione anticipata dal lavoro da parte della competente Direzione provinciale del lavoro – Servizio ispezione del lavoro;
3) venir meno delle cause che abbiano in precedenza portato ad un provvedimento di interdizione anticipata nelle prime fasi di gravidanza;
4) assenza di pregiudizio alla salute della lavoratrice e del nascituro derivante dalle mansioni svolte, dall'ambiente di lavoro e/o dall'articolazione dell'orario di lavoro previsto; nel caso venga rilevata una situazione pregiudizievole, alla lavoratrice non potrà comunque essere consentito, ai fini dell'esercizio dell'opzione, lo spostamento ad altre mansioni ovvero la modifica delle condizioni e dell'orario di lavoro;
5) assenza di controindicazioni allo stato di gestazione riguardo alle modalità per il raggiungimento del posto di lavoro.
La revoca della flessibilità.
Una volta ottenuta l’autorizzazione alla flessibilità del congedo di maternità, la lavoratrice non è obbligata al rispetto della stessa. Essa ha la facoltà di revocare o di ridurre il periodo di flessibilità richiesto, anche se ottenuto. Vale a dire che la lavoratrice, pur avendo richiesto la posticipazione dell’inizio dell’astensione obbligatoria ad un mese prima del parto, può anticipare tale evento, riportandolo a due mesi precedenti il parto e annullando la posticipazione, per sopravvenute eventi come può essere una malattia.
In tal caso il periodo di astensione prima del parto richiesto in flessibilità e poi alla fine lavorato, quindi non fruito, può essere recuperato quale congedo di maternità post partum. Quindi i 5 mesi scadranno in via posticipata rispetto al previsto. Si avrà un differimento automatico. Il periodo di flessibilità, anche se già accordato, si interrompe con l’insorgere di una malattia che intervenga nel periodo di maternità perché comporta un rischio per la salute della lavoratrice e del nascituro.
Il papà, ha diritto a un congedo di paternità obbligatorio di 10 giorni lavorativi che possono essere fruiti, anche in modo frazionato, a partire dai due mesi precedenti la data presunta del parto fino ai cinque mesi successivi alla nascita del bambino.
È importante notare che in caso di parto plurimo (gemelli o più), la durata del congedo è aumentata a 20 giorni lavorativi
Il congedo può essere utilizzato anche in caso di adozione o affidamento, entro 5 mesi dall'ingresso del minore in famiglia
I giorni di congedo sono retribuiti al 100% della retribuzione normalmente spettante al lavoratore
Questo congedo obbligatorio è distinto dal congedo parentale facoltativo, che offre ulteriori possibilità di astensione dal lavoro per entrambi i genitori
Congedo parentale (ex astensione facoltativa)
Al termine del periodo obbligatorio viene concesso ai genitori un periodo utile per prendersi cura dei figli nei primi anni di vita.
Le principali caratteristiche sono:
- può essere fruito da entrambi i genitori, anche adottivi o affidatari, entro i primi 12 anni di vita del bambino;
- la durata massima complessiva tra i due genitori è di 10 mesi, elevabili a 11 se il padre fruisce di almeno 3 mesi continuativi.
Ciascun genitore ha diritto a 3 mesi non trasferibili all'altro, più 3 mesi trasferibili, per un totale individuale di 6 mesi (7 per il padre se fruisce di almeno 3 mesi continuativi).
Il genitore solo ha diritto a 11 mesi complessivi.
Per quanto riguarda l'indennità economica i primi 3 mesi per ciascun genitore (non trasferibili) sono indennizzati al 30% della retribuzione; un ulteriore mese (per la coppia) è indennizzato all'80% nel 2024 e al 60% dal 2025, se fruito entro il 6° anno di vita del bambino; i restanti mesi (fino al 9° mese complessivo) sono indennizzati al 30%.
La domanda può essere presentata esclusivamente in via telematica, in una delle seguenti modalità:
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online sul sito dell’INPS utilizzando il PIN dispositivo;
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al telefono chiamando il numero 803164 gratuito da rete fissa oppure il numero 06164164 da rete mobile a pagamento secondo la tariffa del proprio gestore telefonico;
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patronati, che provvederanno ad evadere la pratica in via telematica.
La nascita deve poi essere comunicata con l’autocertificazione entro 30 giorni, sia all’Istituto di Previdenza sia al datore di lavoro, al quale si dovrà anche comunicare se si intende riscuotere gli assegni familiari per il bambino e richiedere le detrazioni per carichi di famiglia. E’ necessario riproporre una nuova domanda corredata dal certificato di nascita.
Congedo Parentale del padre e contestualmente della madre
Al padre lavoratore dipendente spetta:
- per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi, elevabile a 7 se lo stesso si astiene dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a 3 mesi; in questo caso il limite complessivo delle astensioni dal lavoro di entrambi i genitori sale a 11 mesi. In caso di fruizione da parte di entrambi i genitori (madre autonoma e padre dipendente) il periodo massimo complessivo tra i due è pari a 10 mesi (3 mesi per la madre e 7 mesi per il padre);
- anche durante il periodo di astensione obbligatoria della madre (a decorrere dal giorno successivo al parto), e anche se la stessa non lavora;
Spetta inoltre al genitore solo (padre o madre), per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 11 mesi;
Ai lavoratori dipendenti genitori adottivi o affidatari (esclusi quelli disoccupati o sospesi, i lavoratori domestici e quelli a domicilio) con le stesse modalità dei genitori naturali, fino al compimento della maggiore età del minore.circ. 16/2008
Madre e padre possono fruire di tale congedo parentale anche contemporaneamente.
N.B.: In caso di fruizione frazionata dell'astensione, i periodi si calcolano secondo i criteri di cui alla circolare n. 134382/17 del 26.1.1982, par. 14.2 e msg n. 28379 del 25.10.2006. La frazionabilità va comunque intesa nel senso che tra un periodo (anche di un solo giorno per volta) e l'altro di astensione facoltativa deve essere effettuata una ripresa effettiva del lavoro. Le giornate di ferie, la malattia,le festività e i sabati cadenti tra il periodo di congedo parentale e la ripresa lavoro non vanno computate in conto congedo parentale msg n. 28379 del 25.10.2006.
Novità 2024
La Legge di Bilancio 2024 ha introdotto alcune importanti novità:
Per il solo 2024, sono previsti due mesi di congedo parentale indennizzati all'80% della retribuzione, se fruiti entro il 6° anno di vita del bambino.
Dal 2025, il secondo mese aggiuntivo sarà indennizzato al 60%.
Questa maggiorazione si applica ai genitori che terminano il congedo di maternità/paternità dopo il 31 dicembre 2023.
È importante sottolineare che queste disposizioni si applicano ai lavoratori dipendenti del settore privato e pubblico. I lavoratori autonomi e liberi professionisti hanno diritti parzialmente diversi in termini di durata e indennità dei congedi.
Per fruire di questi benefici, è necessario presentare domanda all'INPS e al proprio datore di lavoro, rispettando i termini di preavviso previsti dalla normativa o dai contratti collettivi applicabili.
Come si richiede il congedo parentale (ex maternità facoltativa)
La richiesta va presentata inviando la domanda attraverso il canale telematico, indirizzandola per conoscenza con un preavviso di almeno 5 giorni al proprio datore di lavoro sulla quale è indispensabile indicare inizio e fine del periodo di congedo; nel caso in cui il genitore intenda invece usufruire del congedo parentale a ore (possibilità prevista dal Jobs Act dal 2015), il termine di preavviso all’azienda è di 2 giorni.
Astensione anticipata per gravidanza a rischio e proroga dell’interdizione dal lavoro
La flessibilità del congedo di maternità dà la facoltà alla lavoratrice incinta di poter richiedere il posticipo di un mese dell’astensione obbligatoria. Non si tratta dell’unica deroga alla normale astensione di 5 mesi di cui 2 mesi prima del parto e 3 dopo il parto, esiste infatti anche la possibilità di anticipazione dell’astensione dal lavoro.
L’astensione obbligatoria dal lavoro è anticipata a tre mesi prima del parto(quindi di un ulteriore mese) per le lavoratrici occupate in lavori che sono ritenuti gravosi o pregiudizievoli, in relazione al loro stato di gravidanza avanzato. Tali lavori sono individuati con decreto ministeriale, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.
L’interdizione della DTL
L’astensione anticipata può essere disposta anche dalla Direzione territoriale del lavoro (DTL), su domanda della lavoratrice incinta. L’interdizione anticipata può essere ottenuta con la presentazione di accertamenti medici al Servizio ispettivo del Ministero del lavoro che, sulla base della documentazione, stabilisce la durata dell’interdizione in uno o anche più periodi. L’astensione anticipata viene concessa:
- in presenza di gravi complicanze della gravidanza o preesistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza;
- quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino;
- quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni.
Le gravi complicanze riguardano esclusivamente le condizioni fisiche riferite alla gravidanza, condizioni fisiche che impedirebbero lo svolgimento di qualsiasi attività lavorativa. Quando si tratta di una interdizione dal lavoro per complicanze nella gestazione o pregresse patologie che si teme possano aggravare lo stato di gravidanza, la relativa domanda si intende accolta decorsi 7 giorni dalla sua presentazione ed il provvedimento decorre dalla data di inizio dell’astensione da lavoro.
Spostamento ad altre mansioni
Uno dei motivi che consentono l’interdizione anticipata a tre mesi prima del parto è quello del mancato spostamento della lavoratrice incinta ad altre mansioni. Si tratta di tutti quei casi in cui la gestante sia addetta a lavori pericolosi, faticosi e insalubri o sia addetta al trasporto e al sollevamento di pesi, oppure a tutti i lavori precedentemente elencati come vietati durante la gravidanza.
Il temporaneo spostamento ad altre mansioni non vietate può avvenire anche presso un’altra sede di lavoro ove vi siano condizioni ambientali compatibili, purché ubicata nello stesso comune e con il consenso dell’interessata.
La dichiarazione del datore di lavoro
L’interdizione può essere disposta immediatamente quando il datore di lavoro, anche tramite la lavoratrice, produce una dichiarazione nella quale risulti in modo chiaro che non è possibile adibire la lavoratrice ad altre mansioni. Questo sempre per motivazioni basate su elementi tecnici attinenti all’organizzazione aziendale.
In questo caso, chiarisce il Ministero del Lavoro nella circolare 5429 del 2008, la domanda si intende accolta decorsi sette giorni dalla sua presentazione ma, poiché il provvedimento di interdizione presuppone un effettivo accertamento circa l’impossibilità di spostare la lavoratrice ad altre mansioni, l’astensione decorre dalla data del provvedimento stesso.
Proroga astensione obbligatoria dal lavoro
L’astensione obbligatoria può essere prorogata fino a 7 mesi dopo il parto, quando la lavoratrice addetta a lavori pericolosi, faticosi e insalubri non possa essere spostata ad altre mansioni. Quindi in questo caso la proroga estende di almeno 4 mesi l’astensione che normalmente è di 5 mesi. Il provvedimento è adottato anche in questo caso dalla Direzione territoriale del lavoro (DTL), anche su richiesta della lavoratrice.
Interruzione della gravidanza
In caso di interruzione della gravidanza, l’evento viene considerato come malattia con la conseguenza che alla lavoratrice spetterà il diritto al trattamento di malattia e non di maternità. Questo sia nel caso di interruzione di gravidanza spontanea che volontaria prevista dagli art. 4, 5 e 6 della Legge n. 194 del 1978.
Interruzione volontaria della gravidanza.
Per l'interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni, la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito, si rivolge ad un consultorio pubblico o a una struttura sociosanitaria a ciò abilitata dalla regione, o a un medico di sua fiducia.
L'interruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi novanta giorni, può essere praticata quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna oppure quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.
Esclusione del computo nella malattia
In questi casi la donna lavoratrice ha diritto alla percezione dell’indennità di malattia e in tali casi trova applicazione la tutela della legge prevista dal D.P.R. 1026 del 1978, ossia la non computabilità agli effetti della durata prevista da leggi, da regolamenti o da contratti collettivi per il trattamento normale di malattia, dei periodi di assistenza sanitaria per malattia determinata da gravidanza.
Il certificato del medico di base
Per la prova della morbosità determinata dalla gravidanza, il Ministero del Lavoro in un interpello n. 32 del 2000 ha chiarito che è sufficiente un certificato rilasciato da un medico di base convenzionato, senza necessità di ricorrere ad un medico specialista del Servizio sanitario nazionale.
Interruzione della gravidanza dopo 180 giorni (6 mesi). In questo caso l’interruzione della gravidanza non viene considerata come malattia ma come parto. Quindi se dopo 6 mesi di gestazione (l’inizio della gestazione si intende il 300° giorno antecedente la data presunta del parto), la donna interrompe spontaneamente o per via terapeutica la propria gravidanza, la donna lavoratrice ha diritto a fruire dell’indennità e dell’astensione dal lavoro per i tre mesi successivi.
Rientro al lavoro anticipato
Il Decreto Legislativo n. 119 del 2011 in vigore dall’11 agosto 2011 ha previsto che nel caso di interruzione spontanea o terapeutica della gravidanza successiva al 180° giorno dall’inizio della gestazione, nonché in caso di decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternità, le lavoratrici hanno la facoltà di riprendere in qualsiasi momento l’attività lavorativa, dando un preavviso di 10 giorni al datore di lavoro, a condizione che il medico specialista del servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino entrambi che il rientro anticipato al lavoro non arreca pregiudizio alla salute della donna.
Permessi giornalieri per allattamento
La lavoratrice, nel primo anno di vita del bambino, ha diritto ad uscire dall’azienda per fruire di riposi orari per allattamento:
- di due ore, se l'orario giornaliero della lavoratrice risulta pari o superiore a 6 ore al giorno;
- di un'ora in caso di orario giornaliero di lavoro di durata inferiore a 6 ore.
Va precisato, ed è importante ai fini del diritto ad una o due ore di allattamento quotidiano, che quando si parla di pari o superiore a 6 ore si intende se l'orario quotidiano è superiore o no a 5 ore e 59 minuti. Ne consegue che la lavoratrice che svolge 6 ore quotidiane di lavoro ha diritto a due ore di lavoro e non ad una.
Per i riposi giornalieri la lavoratrice percepisce un'indennità, a carico dell'Inps, pari all'intero ammontare della retribuzione che avrebbe percepito se avesse lavorato. L'indennità è anticipata dal datore di lavoro ed è portata a conguaglio con i contributi dovuti all'Inps stessa.