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Studio Boschi Consuelenza del Lavoro

  • 4/7/2025

    Lavoro - Sospensione dal servizio - Sanzione disciplinare - Documentazione relativa al report ispettivo - Proporzionalità - Relazione ispettiva - Controversia - Omessa, insufficiente e contradditoria motivazione - Inammissibilità

     

    Fatti di causa

     

    1. Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte di Appello di Napoli rigettava l’appello proposto da Poste Italiane s.p.a. contro la sentenza del Tribunale della medesima sede n. 7574/2014, con la quale era stata rigettata la sua domanda di accertamento della legittimità della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per cinque giorni, irrogata al dipendente C.D.

    2. Per quanto qui interessa, la Corte territoriale, riferiti l’unico articolato motivo di appello di Poste Italiane, quanto era stato addebitato al lavoratore e come lo stesso si era giustificato nel corso del procedimento disciplinare, condivideva le motivazioni espresse dal giudice di prime cure in ordine alla non proporzionalità della sanzione irrogata.

    2.1. In particolare, individuato il discrimen tra le due ipotesi considerate del CCNL nella “particolare gravità” del fatto, che deve necessariamente ricorrere per applicare la sanzione della sospensione fino a 10 giorni, riteneva che, come affermato dal primo giudice, la gravità della condotta doveva essere esclusa sulla scorta della stessa valutazione operata da Poste Italiane nella relazione ispettiva da cui era scaturita la sanzione, della quale relazione richiamava un passo riferito alla posizione del C.

    3. Avverso tale sentenza Poste Italiane s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad unico motivo.

    4. Resiste C.D. con controricorso.

    5. La ricorrente ha depositato memoria.

     

    Motivi della decisione

     

    1. Con motivo formalmente unico la ricorrente denuncia “Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. 360 n. 5 cpc) Violazione e/o falsa applicazione CCNL (art. 52 54)”.

    Secondo la ricorrente, è “Destituita di ogni fondamento la decisione non trovando alcun fondamento nelle norme di legge e nella contrattazione collettiva.

    La Corte nel rigettare la domanda di Poste in merito all’accertamento della legittimità della sanzione disciplinare non ha tenuto conto di quanto esposto dalla Società Poste Italiane in primo grado, in relazione all’allegata e complessa documentazione relativa al report ispettivo, base della sanzione.

    La breve, generica e contraddittoria motivazione della sentenza resa evidenzia l’errore di valutazione del giudice di Appello che così ha violato il proprio dovere di esaminare e valutare il contenuto degli atti male interpretando le risultanze del processo ottenendo una pronuncia erronea e illogica”.

    2. Tale motivo è inammissibile, restando assorbita la eccezione di parte controricorrente concernente la mancata notifica della pagina inziale del ricorso.

    3. Nota il Collegio che nella prima parte della rubrica della censura è dedotta “omessa, insufficiente e contradditoria motivazione su un punto decisivo della controversia”; ipotesi già prevista dal previgente testo dell’art. 360, comma primo, n. 5), c.p.c.; mentre nella seconda parte della stessa è denunciata “Violazione e/o falsa applicazione CCNL (art. 52 54)”; vizio che, pur in assenza di specificazione di parte, sarebbe da ricondurre al diverso mezzo di cui all’art. 360, comma primo, n. 3), c.p.c.

    4. Ebbene, al di là del promiscuo riferimento a mezzi di ricorso eterogenei, deve rilevarsi preliminarmente che la sentenza impugnata è stata pubblicata l’8.2.2022, e quindi ben oltre il termine previsto dall’art. 54, comma 3, d.l. n. 83/2012, conv. con mod. nella l. n. 134/2012, sicché trova applicazione nella specie l’art. 360, comma primo, n. 5), c.p.c., come riformulato dall’art. 54, comma 1, lett. b), dell’ora cit. decreto; norma che nella formulazione tuttora vigente si riferisce all’ “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

    4.1. Ed è noto che la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5), c.p.c. deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione.

    Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto si riferisce all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.

    Anomalia che si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (così, ex plurimis, Cass., sez. un., 21.12.2022, n. 37406).

    5. Ora, va rilevato che anche nello sviluppo del motivo in esame non è denunciato “l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”; mezzo che, del resto, s’imbatterebbe nella preclusione di cui all’art. 348 ter, commi quarto e quinto, c.p.c. in caso di c.d. doppia conforme che ricorre nella specie.

    6. Analogamente, nello svolgimento del motivo in esame l’anomalia motivazionale denunciata (con improprio riferimento in rubrica al testo precedente dell’art. 360, comma primo, n. 5). c.p.c.) non è dedotta negli stretti limiti sopra specificati entro i quali il vizio di motivazione può essere attualmente fatto valere in sede di legittimità.

    6.1. La ricorrente, infatti, deduce latamente che la motivazione della Corte distrettuale sarebbe “breve, generica e contraddittoria”, o “alquanto stringata e superficiale”, oppure “illogica”, ma non spiega perché la motivazione impedirebbe “ogni controllo sul percorso logico-argomentativo seguito per la formazione del convincimento del giudice” (cfr. pag. 5 del ricorso).

    7. Quanto, poi, alla pur dedotta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 52 e 54 CCNL di Poste Italiane – in disparte la considerazione che la ricorrente non dichiara di aver prodotto in questa sede copia integrale di detta fonte collettiva (della quale, per la verità, neanche è specificato l’anno) –appare dirimente il rilievo che la censura in parte qua s’incentra su un accertamento fattuale diverso da quello operato dalla Corte di merito (cfr. in particolare pagg. 6-8 del ricorso).

    7.1. Per contro, non è considerato dalla ricorrente che le conclusioni tratte dai giudici di secondo grado (cfr. pagg. 2-3 della sentenza impugnata), come accennato in narrativa, nel senso dell’esclusione della gravità della condotta ascritta al lavoratore, si fondano “sulla stessa valutazione operata da Poste Italiane nella relazione ispettiva da cui è scaturita la sanzione”.

    Infatti, la Corte ha considerato che in tale relazione in ordine alla posizione del C. si leggeva che: “Corre l’obbligo di ribadire che di tale responsabilità si segnala, comunque, la particolare tenuità, circostanze di buona fede ed affidabilità, indotte nel dipendente dal comportamento dei Sigg. R.A. (nella qualità di DUP di Afragola succ. 2) e di S.V. che si sono indubbiamente avvalsi, rispettivamente dell’autorità conferitale dal ruolo nonché della sua maggiore esperienza professionale, mai messa in discussione dai colleghi e, soprattutto e di più, dal C.D., che si ripete è dipendente solo dal 3 gennaio 2011 con contratto part time”.

    12. La ricorrente, in quanto soccombente, dev’essere condannata al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.

     

    P.Q.M.

     

    Dichiara inammissibile il ricorso.

    Condanna la ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi ed € 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge.

    Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

 

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