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Lavoro - Capacità lavorativa - Consulenza tecnica d'ufficio - Dissenso diagnostico - Errore tecnico - Requisito sanitario - Rinnovazione della perizia - Diffusione di dati
Rilevato che
1. Il Tribunale di Vibo Valentia con la sentenza in epigrafe ha rigettato il ricorso proposto dall’odierno ricorrente ai sensi dell’art. 445 bis, comma 6, c.p.c. e ha compensato integralmente le spese di lite.
A fondamento del decisium, ha osservato come le osservazioni svolte alla consulenza tecnica resa nella precedente fase non fossero accurate in misura tale da consigliare la rinnovazione della perizia già acquisita.
Per il giudice, le critiche erano il frutto di divergenti valutazioni medico legali, espresse in termini generici e non suffragate da elementi obbiettivi.
Il ‘’dissenso’’ non costituiva lo strumento sistematicamente offerto alla parte, per pervenire a una seconda valutazione medico legale, a sé più propizia, ma piuttosto un mezzo per rimediare all’evidente errore scientifico, alla negligenza del CTU, alla violazione del procedimento.
2. Avverso tale pronuncia, ha proposto ricorso per cassazione (…) con due motivi, successivamente illustrati con memoria.
Ha resistito, con controricorso, L’INPS.
Considerato che
3. Con il primo motivo-ai sensi dell'art. 360 nr. 3 c.p.c.- è dedotta la violazione e falsa applicazione dell'art.1 della legge nr. 222 del 1984.
Deduce la parte ricorrente che il Tribunale avrebbe aderito alla relazione del consulente tecnico, senza considerare che l’ausiliario non aveva valutato le patologie in relazione alla capacità lavorativa specifica, tenuto conto dell’attività in precedenza espletata (operaio, commerciante, ambulante).
4. Il motivo è inammissibile.
Come costantemente chiarisce questa corte , il vizio di violazione di legge dev’essere dedotto non solo con l’indicazione delle norme che si assumono violate ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a dimostrare in quale modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata si pongano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione offerta dalla giurisprudenza di legittimità (in argomento tra le altre , Cass ,Sez. U, nr. 23745 del 2020).
Nel caso di specie, le censure non illustrano specifiche affermazioni che, contenute nella sentenza, contrastano col precetto normativo evocato; i rilievi, in parte qua, dietro lo schermo formale della violazione di legge, sollecitano un non consentito riesame del merito.
5. Con il secondo motivo-ai sensi dell'art. 360 nr.3 c.p.c. – è dedotta la violazione dell’art 445 bis, comma 6, e dell’art 132, comma 2, nr 4 c.p.c. nonché ai sensi dell’art. 360 nr 5 c.p.c. – l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti .
Parte ricorrente assume che, nell’atto introduttivo del giudizio promosso ai sensi dell’art 445 bis, comma 6, cit., aveva esposto i motivi per cui il giudizio medico legale del consulente era da considerare errato; in tale sede, aveva infatti evidenziato no già un mero dissenso diagnostico – come ritenuto dal Tribunale ma l’errore tecnico dell’ausiliario che aveva verificato il requisito sanitario alla stregua della capacità lavorativa generica e non in rapporto a quella specifica, come imposto ai sensi dell’art. 1 della legge 222 del 1984.
Sul piano motivazionale, la sentenza impugnata poggiava su argomentazioni illogiche e apparenti e ometteva l’esame del fatto decisivo consistente nella sussistenza del requisito sanitario.
6. Va, in primo luogo ,affermata l’ammissibilità delle censure.
Risultano, invero, rispettati gli oneri formali imposti dell’art. 366, comma 1, n. 6 c.p.c. nel testo ratione temporis applicabile : in ricorso, sono riportati i passaggi essenziali (le conclusioni) della consulenza tecnica svolta nella fase di ATPO nonché le osservazioni alla stessa mosse con il ricorso in opposizione, ai sensi dell’art. 445 bis, comma 6, c.p.c.
Gli atti (consulenza e ricorso in opposizione) risultano ritualmente depositati unitamente al ricorso ai sensi dell’art. 369, comma 2, n. 4 c.p.c.
7. Nel merito, i rilievi sono fondati poiché la sentenza impugnata non si confronta, in modo puntuale, con i motivi della contestazione, come invece richiede di fare l’art. 445 bis, comma 6, c.p.c., limitandosi, nella sostanza, ad affermare che la parte avrebbe espresso un «mero dissenso».
Il ricorrente, invece, aveva sviluppato critiche specifiche alla consulenza espletata nella precedente fase, evidenziando, in particolare, l’errore tecnico dell’ausiliario nel non avere considerato la capacità lavorativa specifica, ai sensi dell’art. 1 della legge nr. 222 del 1984.
Come di recente chiarito da questa Corte (v. Cass. Nr. 7264 del 2025, in motivazione) Il riferimento del giudice di merito al ‘’mero dissenso diagnostico’’, a fondamento della statuizione di rigetto del ricorso in opposizione, è affermazione, in diritto, inesatta perché ‘’ l’opposizione ex art. 445 bis comma 6 c.p.c. (dà luogo) ad un processo di merito e non di legittimità’’ sicchè resta irrilevante che (…) (le) critiche evidenzino affermazioni scientificamente errate o deficiente diagnostiche o mere difformità nella valutazione della condizione sanitaria della parte.
Formulati i motivi di contestazione, come stabilito dall’art. 445 bis, comma 6, cit. il Giudice dell’opposizione è chiamato ‘’a misurarsi’’ con gli stessi, fermo restando la discrezionalità insindacabile di procedere o meno alla rinnovazione della consulenza tecnica, purchè, in qualità di peritus peritorum, si faccia carico di continuare i rilievi critici avanzati con il ricorso in opposizione (Cass. Nr. 7264 del 2025 cit.)
8. A tali principi non si è attenuto Il tribunale di Vibo Valentia.
Pertanto, in accoglimento del secondo motivo, dichiarato inammissibile il primo, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata al medesimo Tribunale, in persona di un diverso magistrato.
Il Giudice designato provvederà anche alle spese del giudizio di cassazione.
9. Infine, ai sensi dell'art. 52, comma2, del d.lgs. n. 196/2003, a tutela dei diritti della parte ricorrente , per evitare la diffusione di dati riguardanti lo stato di salute, si deve disporre, in caso di riproduzione in qualsiasi forma della presente ordinanza, l’omissione delle generalità e di ogni altro dato identificativo della parte ricorrente.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso e dichiara inammissibile il primo.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa al Tribunale di Vibo Valentia, in persona di diverso magistrato, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
Dispone che, in caso di utilizzazione della presente decisione in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici, o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi della parte ricorrente
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