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Studio Boschi Consuelenza del Lavoro

  • 15/04/2025

    Infortunio sul lavoro - Decesso - Danni patrimoniali ed extrapatrimoniali - Responsabilità contrattuale o extracontrattuale del datore di lavoro - Ritardo nell’attivazione dei soccorsi - Accertamento del tempo intercorso - Nesso causale - Carenze organizzative e gestionali della sicurezza - CTU - Valutazione delle prove - Inammissibilità

     

    Fatti di causa

     

    1. La Corte d'Appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di Siena di rigetto delle domande proposte, iure proprio e iure hereditatis, da A.T., vedova di D.R., deceduto il 6.3.2013, con ricorso in primo grado notificato il 15.11.2021 alla Banca M., diretto alla declaratoria della responsabilità contrattuale o extracontrattuale della banca per l’omesso e comunque tardivo soccorso del dipendente dott. R., rispetto all’evento del 6.3.2013, alla declaratoria che tale responsabilità omissiva aveva causato la morte dello stesso, ovvero, in subordine, ne aveva ridotto la durata della vita o peggiorato le condizioni, ovvero, in ulteriore subordine, aveva prodotto un danno da perdita di chance di prolungare la durata della vita o di migliorarne le condizioni qualitative, alla conseguente condanna della banca a risarcire alla vedova, in proprio e in qualità di erede, tutti i danni patrimoniali ed extrapatrimoniali subiti, nella misura complessiva di € 1.153.621,10, o in quella diversa di giustizia

    2. La presente controversia è collegata alla nota vicenda della precipitazione, per cause, secondo controverse tra le parti e rimaste ancora oscure, del dott. R., all’epoca Dirigente Responsabile della Comunicazione di M., dalla finestra del suo ufficio, presso la sede centrale della Banca in - Siena, alle ore 19.43 del 6.3.2013, e del conseguente decesso, constatato alle 21.30 dai soccorsi intervenuti alle 20.45; vicenda oggetto di procedimenti penali e di Commissione parlamentare di inchiesta, la cui relazione di settembre 2022 è stata versata in atti.

    3. Con la sentenza qui impugnata la Corte di Firenze, analizzati i fatti rilevanti alla luce dei motivi di appello, è giunta, così come il Tribunale, a escludere la prova di una responsabilità della banca, con riguardo ai profili azionati nel presente giudizio, per la morte di D.R., in relazione sia alla denunciata violazione degli artt. 2087, 2049 e 2043 c.c., sia al nesso causale fra questa prospettata violazione e l’evento letale.

    4. Per la cassazione della predetta sentenza la vedova di D.R. propone ricorso con 6 motivi; resiste la banca con controricorso; entrambe le parti hanno depositato memoria.

    5. Il PG ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

    6. La causa è stata discussa oralmente all’odierna pubblica udienza e trattenuta in decisione.

     

    Ragioni della decisione

     

    1. Con il primo motivo parte ricorrente deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione degli artt. 2087 e 2043 c.c. per mancato riconoscimento della responsabilità contrattuale ed extracontrattuale di M. per inadempimento all’obbligo di soccorso.

    2. Con il secondo motivo deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione degli artt. 2087 e 2043 c.c. per erronea esclusione dell’obbligo di soccorso del dipendente infortunato sulla base della valutazione di rischio professionale della causa dell’infortunio.

    3. Con il terzo motivo deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione degli artt. 2087 e 2043 c.c. per erronea esclusione degli obblighi di M. rispetto all’installazione e al corretto utilizzo dei monitor di sorveglianza.

    4. Con il quarto motivo deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione degli artt. 2087 e 2043 c.c. per inadempimento di M. all’obbligo di formazione del dipendente addetto alla portineria.

    5. Con il quinto motivo deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione degli artt. 2049, 2087 e 2043 c.c. per erronea separazione delle responsabilità individuali dei dipendenti da quelle dell’azienda, e violazione dell’art. 112 c.p.c. e dei limiti devolutivi per intervento modificativo su capo della sentenza di primo grado coperto da giudicato.

    6. Con il sesto motivo deduce (art. 360, n. 3 e n. 4, c.p.c.), violazione degli artt. 2697 c.c., 115 e 170 c.p.c. e nullità del procedimento per avere la Corte d’Appello utilizzato ai fini della decisione mere presunzioni e per non aver ammesso la CTU medico-legale volta ad accertare il tempo intercorso fra la caduta e la morte, in generale e con specifico riferimento alle condotte fonte di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale denunciate con i precedenti motivi.

    7. Ritiene il Collegio preliminare l’esame del sesto motivo, per il principio della ragione più liquida e per il suo rilievo assorbente.

    8. Come osservato dal PG, secondo la prospettazione della ricorrente il ritardo nei soccorsi sarebbe stato concausa della morte e sarebbe stato attribuibile alle gravi carenze organizzative e gestionali della sicurezza da parte della Banca, che non avevano consentito di rilevare tempestivamente la caduta e la presenza del corpo a terra, nonché imputabile al colpevole ritardo dei dipendenti nel chiamare i soccorsi medici; i giudici di merito hanno, invece, escluso ogni responsabilità contrattuale o extracontrattuale del datore di lavoro quanto al ritardo nell’attivazione dei soccorsi, escludendo altresì il nesso causale tra il ritardo ed il decesso del dott. R.

    9. Si riscontra, nella motivazione della sentenza impugnata, una duplice ratio decidendi posta a base del rigetto dell’appello e quindi delle domande azionate innanzi al Tribunale di Siena; è stata esclusa condotta illecita della banca con riguardo ai profili dedotti nel presente giudizio ed è stato escluso il nesso causale tra il prospettato ritardo nei soccorsi e la morte del dante causa dell’odierna ricorrente.

    10. Ora, l’esclusione della prova della causalità tra condotta ed evento rende superfluo esaminare i dedotti profili di illiceità della condotta, in quanto la relazione di causalità si esprime secondo il paradigma della probabilità qualificata e non secondo quello della possibilità.

    11. Con il motivo di ricorso in esame si contestano le prove (ovvero la loro valutazione) utilizzate ai fini della decisione relative all’accertamento del tempo intercorso fra la caduta e la morte e ci si duole della mancata ammissione di CTU sul punto.

    12. Rileva il Collegio che la sentenza impugnata ha specificato che il fatto che fra la caduta e la morte fosse intercorsa un'agonia di circa 22 minuti non significa che si trattasse di altrettanto tempo utile per salvare la vita dell'infortunato il quale, con la caduta a terra dal terzo piano, si era procurato un grave politrauma, con emorragie interne, già di per sé letale; e che mancava la dimostrazione che l’ipotesi (o il dubbio) che solo un intervento dei soccorsi nei primissimi minuti dopo la caduta avrebbe potuto avere qualche effetto utile per contrastare il grave politrauma, il quale – giova ribadire – già da solo era in grado di portare in breve alla morte.

    13. Si tratta di accertamento fattuale sorretto da motivazione logica e congrua con riferimento alle prove in atti e alla loro valutazione.

    14. Spettano al giudice di merito la selezione e valutazione delle prove (incluse le presunzioni) poste a base della decisione, l’individuazione delle fonti del proprio motivato convincimento, l’assegnazione di prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti, la facoltà di escludere, anche attraverso un giudizio implicito, la rilevanza di una prova, senza necessità di esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga non rilevante o di enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni; il giudizio di cassazione non è strutturato quale terzo grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi, al fine di un loro riesame (cfr. Cass. S.U. n. 34476/2019; Cass. n. 20814/2018, n. 15568/2020, n. 20553/2021); tanto più in una situazione processuale, come la presente, di pronuncia di merito cd. doppia conforme.

    15. Qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, l’infondatezza delle censure mosse ad una delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l'intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (così Cass. n. 5102/2024; conf. Cass. n. 11493/2018; cfr. anche Cass. n. 1979/2024, n. 13880/2020).

    16. Per tali ragioni, il sesto motivo risulta inammissibile perché censura un accertamento di fatto non rivedibile in questa sede di legittimità, con conseguente assorbimento, per inammissibilità derivata, delle censure contenute negli altri motivi.

    17. Le spese di lite del grado, liquidate come da dispositivo in relazione al valore della controversia, seguono la soccombenza.

    18. All’inammissibilità dell’impugnazione consegue il raddoppio del contributo unificato, ove spettante, nella ricorrenza dei presupposti processuali.

     

    P.Q.M.

     

    Dichiara inammissibile il ricorso.

    Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 10.200 per compensi professionali, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge.

    Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.

 

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