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Lavoro - Soppressione ASL e accorpamento - Decadenza dei Direttori sanitario e amministrativo - Ricorso - Inammissibilità
Svolgimento del processo
C.P. ha esposto, con ricorso depositato presso il Tribunale di Torre Annunziata, che:
con delibera del Direttore generale dell’ASL Napoli 5 del 26 ottobre 2006 e con successivo contratto stipulato il 7 novembre 2006 era stato nominato Direttore amministrativo per la durata di quattro anni; con delibera del 20 marzo 2009 della Giunta regionale della Campania era stata dichiarata l’estinzione dell’ASL Napoli 5, assieme a quella del citato Direttore generale; nella motivazione di tale delibera era dichiarata pure la decadenza dei Direttori sanitario e amministrativo.
Egli ha contestato la disposta decadenza e ha chiesto la condanna delle controparti a risarcire i danni, nella misura di € 179.736,00 per differenze retributive e indennità integrativa, oltre ai profili concernenti l’immagine e la perdita di chance.
Il Tribunale di Torre Annunziata, nel contraddittorio con la sola ASL Napoli 5, con sentenza n. 2653/2014, ha accolto il ricorso limitatamente alla somma di € 6.715,00, dichiarando il difetto di legittimazione passiva della Regione Campania.
C.P. ha proposto appello che la Corte d’appello di Napoli, nel contraddittorio con la sola ASL Napoli 3 sud, con sentenza n. 3387/2019, ha accolto solo con riferimento alla legittimazione passiva della Regione Campania, rigettandolo per il resto.
C.P. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di otto motivi.
L’ASL Napoli 3 Sud e la Regione Campania si sono difese con controricorso.
Motivi della decisione
1) Con il primo motivo il ricorrente denuncia la nullità della sentenza per motivazione apparente, perplessa od obiettivamente incomprensibile e la violazione e falsa applicazione degli artt. 111, comma 6, Cost., 132, comma 2, c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. e 131 c.c. in quanto la corte territoriale non avrebbe fatto conoscere il suo ragionamento e le ragioni per le quali egli non avrebbe potuto essere ricollocato.
La doglianza è inammissibile, in quanto la corte territoriale ha spiegato la sua decisione in maniera completa alle pagine da quattro a otto della sentenza impugnata, chiarendo che, in ragione dell’avvenuta soppressione dell’ASL Napoli 5 e dell’accorpamento della stessa, assieme all’ASL Napoli 4, nell’ASL Napoli 3 Sud, la prestazione lavorativa del ricorrente era divenuta impossibile, anche alla luce della decadenza del Direttore generale che l’aveva nominato.
2) Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1256, comma 1, 1372 e 1463 c.c. perché la Corte d’appello di Napoli non avrebbe considerato che la sua prestazione era divenuta impossibile per responsabilità della Regione Campania.
La doglianza è inammissibile, atteso che il contratto la cui esecuzione è divenuta impossibile non intercorreva con la Regione Campania, con la conseguenza che questa era da considerare soggetto terzo rispetto al detto accordo.
Inoltre, si osserva che la corte territoriale ha rilevato come la necessità di rivedere la geografia delle Aziende sanitarie costituisse attuazione di accordi nazionali e leggi e provvedimenti regionali, nessuno dei quali era stato impugnato, e questa affermazione non è stata contestata nella presente sede.
Pertanto, a fronte dell’avvenuta soppressione della struttura ove il ricorrente lavorava per effetto di una legittima attività legislativa e amministrativa, la prestazione oggetto di causa era divenuta di impossibile esecuzione, circostanza che rendeva inevitabile la cessazione del contratto in esame.
3) Con il terzo motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 6, del d.P.C.M. n. 502 del 1995, nel testo sostituito dal d.P.C.M. n. 319 del 31 maggio 2001, dell’art. 3 bis, comma 8, del d.lgs. n. 502 del 1992, degli artt. 1322, 2093, 2221 e 2238 perché la corte territoriale avrebbe errato nel ritenere che la prestazione fosse divenuta impossibile stante la decadenza del Direttore generale che l’aveva nominato e al quale era legato in via fiduciaria.
Con il quarto motivo egli contesta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2, comma 6, del d.P.C.M. n. 502 del 1995, 3 bis, comma 8, del d.lgs. n. 502 del 1992, nonché 1322, 2093, 2221, 2222 e 2238 c.c. atteso che la Corte d’appello di Napoli avrebbe errato nel ritenere l’esistenza di una causa di decadenza diversa da quelle previste dalle disposizioni menzionate.
Le doglianze, che possono essere trattate congiuntamente, stante la stretta connessione, sono inammissibili.
Infatti, il ricorrente omette di considerare che, a prescindere dalla terminologia utilizzata, la ratio decidendi della sentenza è, fondamentalmente, l’impossibilità sopravvenuta della prestazione oggetto di causa la quale, ai sensi dell’art. 1256 c.c., preclude l’adempimento dell’obbligazione e la prosecuzione del rapporto contrattuale, come si evince dall’art. 1463 c.c. e come si può ricavare da Cass., Sez. L, n. 2365 del 7 febbraio 2004.
Sulla base di questa premessa, diviene irrilevante che la Corte d’appello di Napoli abbia ricondotto la cessione del detto rapporto anche alla decadenza del Direttore generale, essendo sufficiente a giustificare la decisione la ratio precedentemente indicata.
4) Con il quinto motivo il ricorrente contesta la nullità del procedimento per la motivazione apparente, perplessa o incomprensibile e la violazione e falsa applicazione degli artt. 30 del d.lgs. n. 104 del 2010, 1227, comma 2, c.c. e 100 c.p.c. in quanto la corte territoriale avrebbe errato nell’affermare la necessità di impugnare le leggi e i provvedimenti regionali attuativi della decisione di rivedere la geografia delle aziende sanitarie e il contratto e la clausola contrattuale concernente la sua decadenza dall’incarico, in pratica resuscitando la c.d. pregiudiziale amministrativa.
La doglianza è inammissibile, in quanto non si confronta con la principale ratio decidendi della sentenza impugnata, ossia il venire meno del rapporto contrattuale con l’ASL per l’impossibilità sopravvenuta della prestazione.
5) Con il sesto motivo il ricorrente lamenta la violazione degli att. 2 Cost. e 1175 c.c. in quanto la Regione Campania avrebbe violato, nella specie, il principio di buona fede che regola l’esecuzione del contratto, così integrando gli estremi dell’abuso del diritto.
La doglianza è inammissibile, in quanto la Regione Campania è soggetto terzo rispetto al rapporto contrattuale in esame e, comunque, dalla lettura della sentenza di appello non emerge la prospettazione, nei due gradi di merito, della questione dell’abuso del diritto.
6) Con il settimo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c. siccome la corte territoriale non si sarebbe pronunciata quanto alla sua domanda relativa alle differenze retributive e al premio di produzione già maturato.
La doglianza è inammissibile, in quanto la Corte d’appello di Napoli si è pronunciata su tutte le richieste economiche del ricorrente, rigettandole globalmente in ragione del fatto che vi era stata “una giusta causa di risoluzione del contratto” e della legittimità dell’azione amministrativa.
7) Con l’ottavo motivo il ricorrente ripropone tutte le doglianze precedenti come omessa pronuncia su fatti decisivi per il giudizio.
La doglianza è inammissibile, avendo la corte territoriale esaminato tutte le questioni poste alla sua attenzione, motivando in maniera effettiva.
8) Il ricorso è dichiarato inammissibile.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Si attesta che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater), se dovuto.
P.Q.M.
- dichiara inammissibile il ricorso;
- condanna il ricorrente a rifondere le spese di lite che liquida, in favore di ciascun controricorrente, in complessivi € 4.500,00 per compenso, oltre € 200,00 per esborsi, accessori di legge e spese generali nella misura del 15%;
- attesta che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto.
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