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Studio Boschi Consuelenza del Lavoro

  • 01/06/2023

    Lavoro - Contributi IVS lavoratori autonomi - Prescrizione dei contributi a percentuale - Decorrenza - Scadenza del termine per il pagamento - Esclusione della decorrenza del termine di prescrizione dall'accertamento - Mancata corretta compilazione della dichiarazione dei redditi e occultamento doloso del debito contributivo - Esclusione - Rigetto

     

    Considerato che

     

    Con sentenza dell’11/7/16 la corte d'appello di Cagliari ha confermato la sentenza del tribunale della stessa sede del 24/06/14 che, per quel che qui rileva, aveva accolto l'opposizione della contribuente in epigrafe alla cartella esattoriale per il pagamento di euro 8.152 per contributi IVS per l’anno 2002.

    In particolare, la corte territoriale ha ritenuto la prescrizione dei contributi a percentuale, ritenendo che la stessa decorresse dalla data di maturazione dei contributi e non da quella successiva di accertamento del reddito effettivamente conseguito quale lavoratrice autonoma, escludendo altresì che vi fosse doloso occultamento del debito.

    Avverso tale sentenza ricorre l'INPS per un motivo, cui resiste con controricorso la contribuente.

    Il Collegio, all’esito della camera di consiglio, si è riservato il termine di giorni sessanta per il deposito del provvedimento.

     

    Ritenuto che

     

    Il motivo di ricorso deduce violazione dell'articolo 2935 c.c., 2 comma 26 - 31 della legge 335 del 2019, 10, 13 e 18 del decreto legislativo 241 del 1997, 17 del decreto 435 del 2001, 2 del DPR 322 del 1998, 36 bis comma 2 lettera F e 36 ter del DPR 600 del 1973, per avere la corte territoriale trascurato che il termine non poteva decorrere prima dell'accertamento del maggior reddito da parte dell'Agenzia delle Entrate operato in data 1.10.08 e che comunque il termine era stato interrotto dalla notifica del verbale dell’anzidetto accertamento e poi dalla notifica della cartella nel 2010.

    Il motivo richiama contraddittoriamente due diverse decorrenze del termine prescrizionale, assumendo da un lato che lo stesso non possa decorrere prima dell’accertamento operato a fini fiscali (essendo sorto il diritto dell’INPS solo allora) e dall’altro lato che il termine, pur decorrente da momento precedente, è stato comunque interrotto dal detto accertamento.

    La prima decorrenza deve essere esclusa, avendo questa Corte già chiarito (Sez. L, Sentenza n. 13463 del 29/05/2017, Rv. 644520 - 01) che, in tema di contributi cd. "a percentuale", il fatto costitutivo dell'obbligazione contributiva è costituito dall’avvenuta produzione, da parte del lavoratore autonomo, di un determinato reddito ex art. 1, comma 4 della l. n. 233/1990, quand'anche l'efficacia del predetto fatto sia collegata ad un atto amministrativo di ricognizione del suo avveramento; ne consegue che il momento di decorrenza della prescrizione dei contributi in questione, ai sensi dell'art. 3 della l. n. 335 del 1995, deve identificarsi con la scadenza del termine per il loro pagamento e non con l'atto, eventualmente successivo con cui l'Agenzia delle Entrate abbia accertato, ex art. 1 del d.lgs. n. 462 del 1997, un maggior reddito.

    Si è altresì precisato (da Sez. L, Ordinanza n. 22087 del 2021) che l'impossibilità di far valere un diritto, alla quale l'art. 2935 cod. civ. attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne ostacolino l'esercizio e non comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il successivo art. 2941 cod. civ. prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione, nel cui ambito, salva l'ipotesi di dolo prevista dal n. 8, non rientra l'ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, né il dubbio soggettivo sulla esistenza di tale diritto od il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento (cfr. sentenze n. 21026 del 06/10/2014 e n. 10828 del 26/05/2015). E' infondata, pertanto, la tesi fatta valere dall'INPS, secondo cui il diritto ai contributi a percentuale sul reddito sarebbe sorto solo quando l'Istituto ha avuto contezza del suo credito e cioè solo dopo che l'Agenzia delle Entrate ha accertato d'ufficio che il lavoratore autonomo avesse conseguito un reddito mai dichiarato prima.

    Invece il diritto in questione era già sorto al momento del fatto generatore dello stesso, ovvero alla scadenza del termine stabilito per il pagamento dei medesimi contributi all'INPS.

    L’effetto interruttivo del verbale di accertamento tributario è invece stato riconosciuto da questa Corte, oltre che con le richiamate pronunce, con la Sez. L, Sentenza n. 17769 del 08/09/2015 (Rv. 637024 - 01), secondo la quale, in tema di iscrizione a ruolo dei crediti degli enti previdenziali in forza dell'art. 1 del d.lgs. n. 462 del 1997, l'Agenzia delle entrate svolge, a norma dell'art. 36 bis del DPR n. 600 del 1973 (a partire dalle dichiarazioni del 1999, ossia per i redditi del 1998), un'attività di controllo sui dati denunciati dal contribuente, richiedendo anche il pagamento dei contributi e premi omessi o evasi, con successiva trasmissione all'INPS, sicché ove il maggior contributo previdenziale dovuto sia accertato dall'Agenzia delle entrate prima dello spirare del termine di prescrizione, la notifica dell'avviso di accertamento incide sia sul rapporto tributario che su quello contributivo previdenziale, determinando l'interruzione della prescrizione anche in favore dell'INPS.

    Il principio, tuttavia, non può operare nel caso di specie, per essere intervenuto l’accertamento a termine prescrizionale già decorso.

    Invero il termine iniziava a decorrere dal 20.6.03 (ex art. 17 DPR 435 del 2001 e 2 dl 63/02, conv. in l. 112/02) e maturava dopo 5 anni, dunque il 20.6.08, mentre l’accertamento è avvenuto solo il 1.10.08.

    Infine, va escluso anche l’effetto sospensivo sul decorso del termine prescrizionale derivante dalla mancata dichiarazione reddituale, avendo questa Corte già escluso (Sez. 6 - L, Ordinanza n. 37529 del 30/11/2021, Rv. 663091 - 01) ogni automatismo tra la mancata corretta compilazione della dichiarazione dei redditi e l'occultamento doloso del debito contributivo, in quanto il relativo accertamento costituisce oggetto di una valutazione rimessa al giudice di merito, censurabile in cassazione nei ristretti limiti di cui all'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.

    Per quanto detto il ricorso deve essere rigettato.

    Le spese seguono la soccombenza.

    Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.

     

    P.Q.M.

     

    Rigetta il ricorso.

    Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 2000,00 per compensi professionali, oltre spese al 15 % ed accessori di legge.

    Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del DPR n.115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.

 

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