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Studio Boschi Consuelenza del Lavoro

  • 24/03/2023

    Codice della crisi d’impresa: gli accordi sui crediti tributari e contributivi

     

    PREMESSA

     

    Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, adottato con il D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 4 (ndr D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14), entrato pienamente in vigore il 15 luglio 2022, si occupa, tra l’altro, anche dei crediti tributari e previdenziali. Nel presente contributo andiamo a esaminare le questioni relative alla transazione di tali crediti prevista dal nuovo Codice, nonché il loro trattamento nell’ambito del concordato preventivo e del concordato minore.

    È utile, in premessa, ricordare che, nell’ambito delle misure introdotte dal legislatore nell’ottica di prevenire l’insolvenza del debitore sin dai primi indici potenzialmente rilevatori della crisi, gli enti previdenziali Inps e Inail, l’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia delle Entrate-Riscossione sono considerati creditori pubblici qualificati, obbligati a segnalare all’imprenditore (e, ove esistente, all’organo di controllo) la presenza di debiti rilevanti ai sensi dell’art. 25-novies del Codice, affinché il debitore valuti se debba attivarsi di conseguenza, ricorrendo a uno dei quadri di ristrutturazione preventiva della crisi.

    È previsto espressamente che tali segnalazioni debbano contenere l’invito alla presentazione dell’istanza di nomina dell’esperto indipendente ai fini dell’accesso alla composizione negoziata della crisi (cfr. artt. 12 e ss. D.Lgs. n. 14/2019), anche se tale istituto non consente alcuna transazione sui crediti contributivi e tributari. In tale ipotesi, infatti,  l’art. 25–bis del Codice consente esclusivamente per i crediti tributari: dalla data di accettazione dell’incarico dell’esperto, l’applicazione degli interessi legali; l’applicazione delle sanzioni in misura ridotta rispetto a quelle ordinariamente previste; la possibilità di dilazione del debito in settantadue rate.

    Peraltro, l’art. 38, comma 1, del D.L. 24 febbraio 2023, n. 13 ha previsto che l’Agenzia delle Entrate possa concedere un piano di rateazione fino a centoventi rate in caso di comprovata e grave situazione di difficoltà dell’impresa.

    Ciò premesso, andando a esaminare le questioni inerenti al nostro tema, oltre alle attività di prevenzione previste e rientranti nella nuova filosofia del Codice, nel solco di quanto già prevedeva la legge fallimentare, l’art. 63 del Codice regola la transazione su crediti tributari e contributivi.

    L’art. 88, invece, si occupa del trattamento dei crediti tributari e contributivi nell’ambito del concordato preventivo, mentre l’art. 80 del concordato minore.

    La finalità delle disposizioni è quella di tutelare non solo i creditori e, nel caso di specie, gli interessi erariali di cui sono portatori, ma anche la conservazione dei mezzi organizzativi dell’impresa, in particolare dei livelli occupazionali.

     

    TRANSAZIONE DEI CREDITI TRIBUTARI E CONTRIBUTIVI

     

    La transazione, in particolare, è esperibile nell’ambito degli accordi disciplinati dagli artt. 57, 60 e 61, cioè nell’ambito degli accordi di ristrutturazione dei debiti, di quelli agevolati nonché di quelli a efficacia estesa.

    Succintamente, gli accordi di ristrutturazione di cui all’art. 57 hanno natura negoziale e consentono all’imprenditore anche non commerciale, diverso da quello minore (NOTA 1), in stato di crisi (NOTA 2) o d’insolvenza (NOTA 3) e soggetto alla liquidazione giudiziale, di concordare con i creditori che rappresentino almeno il sessanta per cento dei crediti un piano contenente, tra l’altro, un piano economico-finanziario che ne consenta l’esecuzione allo scopo di giungere al riequilibrio della situazione finanziaria.

    I creditori non aderenti debbono essere integralmente soddisfatti, senza alcuna falcidia dunque, anche se il termine di pagamento è fissato in centoventi giorni dall’omologazione.

    Gli accordi di ristrutturazione agevolati previsti dall’art. 60 consentono, invece, la riduzione a metà della percentuale di creditori aderenti all’accordo, quindi il trenta per cento in luogo del sessanta per cento, ove il debitore: a) non proponga la moratoria dei creditori estranei agli accordi; b) non abbia richiesto e rinunci a richiedere misure protettive temporanee.

    Gli accordi a efficacia estesa di cui all’art. 61, invece, prevedono una deroga alla disciplina civilistica in materia di contratti di cui agli artt. 1372 e  1411 c.c. che consentono l’estensione degli accordi anche ai creditori non aderenti appartenenti alla medesima categoria, individuata tenuto conto dell’omogeneità di posizione giuridica e interessi economici.

    Tornando invece ai crediti contributivi e tributari, l’art. 63 in parola prevede che il debitore può proporre il pagamento, parziale o anche dilazionato, dei tributi e dei relativi accessori amministrati dalle agenzie fiscali, dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza, assistenza e assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti obbligatorie e dei relativi accessori.

    In buona sostanza, in deroga alla generale indisponibilità dei crediti di tale natura, gli accordi consentono finanche la falcidia.

    Il Codice – come anticipato – nel solco di quanto previsto dalla legge fallimentare (cfr. art. 182-ter R.D. n. 267/1942) disciplina, infatti, anche per i crediti tributari e contributivi, l’accesso agli strumenti stragiudiziali e consente, in presenza di determinate condizioni, l’omologazione degli accordi anche in mancanza di adesione da parte degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie o delle amministrazioni fiscali interessate.

    Invero, in sede di prima approvazione del Codice, l’art. 63 non includeva nell’ambito di applicazione della transazione i crediti contributivi, limitandola esclusivamente ai crediti tributari. Tuttavia, il D.Lgs. 26 ottobre 2020, n. 147, con cui sono stati apportati correttivi al D.Lgs. n. 14/2019, ne ha disposto l’estensione in linea con la disciplina previgente.

    Come emerge dalla relazione al decreto correttivo, sull’art. 63 si è infatti voluto ripristinare l’impostazione accolta dall’art. 182-ter L.fall. e ripresa all’art. 88 del Codice sul trattamento dei crediti tributari e contributivi nell’ambito del concordato.

    Sostanzialmente, nell’accordo di ristrutturazione dei debiti è possibile comprendere anche i debiti contributivi e tributari con alcune peculiarità rispetto agli altri creditori, nel solco di quanto già previsto sin dal 1° gennaio 2017 a seguito delle modifiche introdotte dalla L. 11 dicembre 2016, n. 232 all’art. 182–ter della L.fall. e da ultimo dal D.L. 7 ottobre 2020, n. conv. dalla L. 127 novembre 2020, n. 159 (ndr D.L. 7 ottobre 2020, n. 125 conv. dalla L. 27 novembre 2020, n. 159).

    Per crediti contributivi si intendono quelli amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza, assistenza e assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti obbligatorie e dei relativi oneri accessori, su tutti Inps e Inail.

    I crediti tributari sono invece quelli relativi a tributi amministrati dalle agenzie fiscali, ovvero: Agenzia delle Entrate; Agenzia del Demanio; Agenzia delle Dogane e dei Monopoli; Agenzia delle Entrate-Riscossione.

    Un ruolo centrale ai fini della transazione dei crediti contributivi e tributari lo svolge il professionista indipendente (NOTA 4), il quale, nell’attestazione prevista dall’art. 57, comma 4, del Codice (NOTA 5), deve dare altresì contezza della convenienza del trattamento proposto rispetto a quello che ne deriverebbe dalla liquidazione giudiziale allo scopo di consentire al tribunale l’omologa degli accordi anche sulla base della predetta relazione in presenza della mancata pronuncia favorevole da parte degli enti previdenziali. Tale aspetto costituisce oggetto di specifica valutazione da parte del tribunale.

    Per dare efficacia alla transazione dei crediti in parola, il comma 2-bis dell’art. 63, inserito dal D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83, prevede l’omologazione forzosa (cd. cram down).

    Significa che il tribunale omologa gli accordi di ristrutturazione anche in mancanza di adesione da parte degli enti previdenziali interessati nelle seguenti ipotesi: i) allorché l’adesione sia determinante ai fini della soglia percentuale da raggiungere con i creditori prevista dall’art. 57, comma 1 (i creditori devono rappresentare almeno il sessanta per cento dei crediti soggetti a omologazione), nonché di quella ridotta prevista dall’art. 60, comma 1; ii) e, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista indipendente, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie sia conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria.

    La proposta di transazione, corredata dalla documentazione prevista dagli artt. 57, 60 e 61, va depositata al competente agente della riscossione e agli altri uffici competenti sulla base dell’ultimo domicilio fiscale del debitore e deve contenere in allegato una dichiarazione sostitutiva del debitore o del suo legale rappresentante, ai sensi dell’art. 47 D.P.R 28 dicembre 2000, n. 445, che attesti che la documentazione di cui al periodo precedente rappresenta fedelmente e integralmente la situazione dell’impresa con particolare riguardo alle poste attive del patrimonio.

    L’adesione alla proposta è espressa su parere conforme della competente direzione regionale, con la sottoscrizione dell’atto negoziale da parte del direttore dell’ufficio (NOTA 6).

    Per i tributi amministrati dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli l’adesione alla proposta è espressa dalla competente direzione interregionale, regionale e interprovinciale con la sottoscrizione dell’atto negoziale.

    L’atto di adesione è sottoscritto anche dall’agente della riscossione ai fini del trattamento degli oneri di riscossione di cui all’art. 17 del D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112. L’assenso così espresso equivale a sottoscrizione dell’accordo di ristrutturazione.

    Ai fini dell’omologazione del tribunale anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatoria di cui sopra, l’eventuale adesione degli uffici deve intervenire entro novanta giorni dal deposito della proposta di transazione.

    La transazione è risolta di diritto se entro sessanta giorni dalle scadenze previste il debitore non esegue integralmente i pagamenti dovuti agli enti.

     

    CONCORDATO MINORE

     

    L’omologazione forzosa (cd. cram down) è possibile anche nel caso di proposta di concordato minore presentata dal debitore in stato di sovraindebitamento, con esclusione del consumatore, che consente di proseguire l’attività.

    L’art. 80 prevede, infatti, che il giudice omologa il piano anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie.

    Ciò può avvenire: i) ove l’adesione sia determinante ai fini del raggiungimento della percentuale di maggioranza necessaria prevista dall’art. 79, comma 1 (maggioranza dei crediti ammessi al voto ed eventualmente anche per teste e classi); ii) e, anche sulla base delle risultanze, sul punto, della specifica relazione dell’organismo di composizione delle crisi da sovraindebitamento, la proposta di soddisfacimento dell’amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie sia conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria.

     

    CONCORDATO PREVENTIVO

     

    Nel caso di concordato preventivo, disciplinato dal Capo III del Codice, che, come è noto, consiste in una procedura concorsuale vincolante anche per i creditori dissenzienti, l’art. 85 prevede che la suddivisione dei creditori per classi è obbligatoria anche per i creditori titolari di crediti tributari o previdenziali dei quali non sia previsto l’integrale pagamento.

    La disciplina dei crediti contributivi è invece regolata dall’art. 88 che, analogamente all’art. 63, prevede l’omologazione forzosa (cd. cram down). A tal fine, il comma 1 dell’art. 88 pare distinguere a seconda di concordato preventivo in continuità aziendale e concordato preventivo liquidatorio relativamente all’applicazione dell’omologazione forzosa.

    La norma, infatti, nel disciplinare la proposta del debitore contenuta nel piano di concordato per il pagamento, parziale o anche dilazionato, esclusivamente dei tributi e dei relativi accessori amministrati dalle agenzie fiscali, nonché dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza, assistenza e assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti obbligatorie e dei relativi accessori, prevede nell’incipit che rimane fermo quanto previsto per il concordato in continuità aziendale dall’art. 112, comma 2.

    Quest’ultimo riferimento del Codice indica le condizioni che debbono necessariamente ricorrere affinché il concordato in continuità, nell’ipotesi di esistenza di una o più classi dissenzienti, possa essere omologato.

    In particolare, nel concordato in continuità aziendale, se una o più classi sono dissenzienti, il tribunale, su richiesta del debitore o con il consenso del debitore in caso di proposte concorrenti, procede altresì alla omologazione quando congiuntamente ricorrano le seguenti condizioni:

    - il valore di liquidazione sia distribuito nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione;

    - il valore eccedente quello di liquidazione sia distribuito in modo tale che i crediti inclusi nelle classi dissenzienti ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore;

    - nessun creditore riceva più dell’importo del proprio credito;

    - la proposta sia approvata dalla maggioranza delle classi, purché almeno una di esse sia formata da creditori titolari di diritti di prelazione, oppure, in mancanza, la proposta sia approvata da almeno una classe di creditori che sarebbero almeno parzialmente soddisfatti rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione.

    Il comma 1 dell’art. 88, fermo restando quanto previsto per il concordato in continuità aziendale dall’art. 112, comma 2, disciplina l’ipotesi in cui sia proposto dal debitore un piano di concordato contenente la proposta «per il pagamento, parziale o anche dilazionato, esclusivamente dei tributi e dei relativi accessori amministrati dalle agenzie fiscali, nonché dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza, assistenza e assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti obbligatorie e dei relativi accessori, se il piano ne prevede la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali sussiste la causa di prelazione, indicato nella relazione di un professionista indipendente. Se il credito tributario e contributivo è assistito da privilegio, la percentuale, i tempi di pagamento e le eventuali garanzie non possono essere inferiori o meno vantaggiosi rispetto a quelli offerti ai creditori che hanno un grado di privilegio inferiore o a quelli che hanno una posizione giuridica e interessi economici omogenei a quelli delle agenzie e degli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie. Se il credito tributario o contributivo ha natura chirografaria, anche a seguito di degradazione per incapienza, il trattamento non può essere differenziato rispetto a quello degli altri crediti chirografari ovvero, nel caso di suddivisione in classi, dei crediti rispetto ai quali è previsto un trattamento più favorevole».

    Anche in questo caso, come nell’art. 63, assume rilevanza l’attestazione del professionista indipendente che, ai sensi dell’art. 88, comma 2, relativamente ai crediti tributari e contributivi ha ad oggetto anche la convenienza del trattamento proposto rispetto alla liquidazione giudiziale e, nel concordato in continuità aziendale, la sussistenza di un trattamento non deteriore (NOTA 7).

    Il tribunale, secondo quanto previsto dal successivo comma 2-bis, omologa il concordato preventivo anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria o degli enti previdenziali se questa: i) risulta determinante ai fini del raggiungimento delle percentuali di cui all’art. 109, comma 1 (maggioranza dei crediti ammessi al voto ed eventualmente anche per teste e di classi); ii) e, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista indipendente, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie sia conveniente o non deteriore rispetto all’alternativa liquidatoria.

    Si ritiene che il riferimento all’art. 112, comma 2, presente nel comma 1 dell’art. 88, riguardi l’applicabilità dell’omologazione forzosa ai sensi del suddetto comma 2-bis ove l’adesione dell’amministrazione finanziaria e degli enti previdenziali sia determinante ai fini del raggiungimento della maggioranza prevista; diversamente, si ritiene applicabile l’ipotesi di omologazione in presenza di classe o classi dissenzienti di cui all’art. 112, comma 2.

    L’art. 84, comma 7, relativamente ai crediti di lavoro, dispone che la proposta di concordato e il piano debbono rispettare l’art. 2116, comma 1, c.c., ovvero l’automaticità delle prestazioni anche in caso di mancato pagamento dei contributi previdenziali, che peraltro va ritenuto applicabile anche alle altre ipotesi di transazione dei contributi previdenziali dovuti per i lavoratori dipendenti, con il solo limite della prescrizione.

    Come già anticipato sopra, l’estensione della potenziale falcidia ai crediti contributivi degli enti previdenziali in caso di accordi di ristrutturazione disciplinata dall’art. 63 del Codice era già previsto dall’art. 182-ter L.fall.

    A tal fine, ai sensi dell’art. 32, comma 6, del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito in L. 28 gennaio 2009, n. 2, è stato emanato il decreto del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali 4 agosto 2009 che disciplina le modalità di applicazione, criteri e condizioni di accettazione da parte degli enti previdenziali degli accordi sui crediti contributivi nell’ambito della procedura prevista dall’articolo 182-ter della L.fall.

    Tuttavia, l’art. 2 del D.L. n. 125/2020, conv. dalla L. n. 159/2020, nel modificare il predetto art. 182-ter della L.fall., al comma 1-ter ha espressamente previsto l’abrogazione del provvedimento adottato ai sensi del citato art. 32 del D.L. n. 185/2008 anche se, nella prassi operativa, gli istituti previdenziali continuano a utilizzare nella valutazione degli accordi che hanno per oggetto crediti previdenziali i criteri previsti dal D.M. 4 agosto 2009 (NOTA 8).

    Si ricorda che, secondo tale decreto, i crediti per contributi, premi e accessori di legge che possono essere ricompresi nella proposta di accordo sono: i crediti assistiti da privilegio; i crediti aventi natura chirografaria; i crediti iscritti a ruolo e quelli non ancora iscritti a ruolo.

    Non risultano invece oggetto di ristrutturazione i crediti oggetto di cartolarizzazione ai sensi dell’art. 13 della L. 23 dicembre 1998, n. 448 e i crediti dovuti in esecuzione delle decisioni assunte dagli organi comunitari in materia di aiuti di Stato.

    Tra le condizioni contenute nel decreto risultano: la correntezza nel pagamento dei contributi e premi dovuti per i periodi successivi alla presentazione della proposta di accordo; il versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti ai fini dell’accesso alla dilazione dei crediti;

    l’essenzialità dell’accordo per la continuità aziendale e di ogni possibile salvaguardia dei livelli occupazionali.

    Sono inoltre previsti limiti in ordine alla misura minima della proposta di pagamento per i crediti privilegiati (debbono essere pagati per intero quelli indicati al n. 1 dell’art. 2778, comma 1, c.c. e non inferiore al quaranta per cento per quelli al n. 8 dello stesso articolo) e per quelli chirografari (non inferiore al trenta per cento), nonché della durata massima di sessanta rate mensili per la proposta di pagamento dilazionato, con applicazione degli interessi al tasso legale.

     

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    Note:

    (1) Art. 2, co. 1, D.Lgs. n. 14/2019: d) «impresa minore»: l’impresa che presenta congiuntamente i seguenti requisiti: 1) un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall’inizio dell’attività̀ se di durata inferiore; 2) ricavi, in qualunque modo essi risultino, per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore; 3) un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila; i predetti valori possono essere aggiornati ogni tre anni con decreto del Ministro della Giustizia adottato a norma dell’art. 348.

    (2) Art. 2, co. 1, D.Lgs. n. 14/2019: a) «crisi»: lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi.

    (3) Art. 2, co. 1, D.Lgs. n. 14/2019: b) «insolvenza»: lo stato del debitore che si manifesta con inadempimenti o altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.

    (4) Art. 2, co. 1, D.Lgs. n. 14/2019: o) «professionista indipendente»: il professionista incaricato dal debitore nell’ambito di uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza che soddisfi congiuntamente i seguenti requisiti: 1) essere iscritto all’albo dei gestori della crisi e insolvenza delle imprese, nonché nel registro dei revisori legali; 2) essere in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 2399 del codice civile; 3) non essere legato all’impresa o ad altre parti interessate all’operazione di regolazione della crisi da rapporti di natura personale o professionale; il professionista ed i soggetti con i quali è eventualmente unito in associazione professionale non devono aver prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore del debitore, né essere stati membri degli organi di amministrazione o controllo dell’impresa, né aver posseduto partecipazioni in essa.

    (5) Art. 77, co. 4, D.Lgs. n. 14/2019: un professionista indipendente deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano. L’attestazione deve specificare l’idoneità dell’accordo e del piano ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori estranei nel rispetto dei termini di cui al comma 3.

    (6) Per la gestione delle proposte di transazione fiscale nelle procedure di composizione della crisi di impresa si veda la circolare dell’Agenzia delle Entrate 29/12/2020, n. 34/E.

    (7) Sui contenuti della relazione del professionista richiesti dall’Agenzia delle Entrate v.: circolare 23/07/2018, n. 16/E; circolare 29/12/2020, n. 34/E.

    (8) Per le istruzioni degli istituti previdenziali sul D.M. 4 agosto 2009 si vedano: circolare Inps 15 marzo 2010, n. 38; circolare 12 agosto 2015, n. 148; circolare Inail 26 febbraio 2010, n. 8.

 

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