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Studio Boschi Consuelenza del Lavoro

  • 02/12/2022

    Tributi - Cartella di pagamento - Notifica - Contribuente residente all’estero e iscritto all’AIRE - Sentenza n. 366/2007 della Corte Costituzionale - Applicazione retroattiva

     

    Fatti di causa

     

    A.P. propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, illustrati con memoria, avverso la suindicata sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia che ha respinto l'appello del contribuente e confermato la decisione di quella provinciale, inerente l'impugnazione di sette intimazioni di pagamento, notificate a mezzo posta in data 31/8/2011, per mancato pagamento di altrettante cartella di pagamento asseritamente notificate dall'Agente delle riscossione per la Provincia di Catania tra il 2009 ed il 2002.

    Nel ricorso introduttivo del giudizio il contribuente, cittadino italiano residente in Germania ed iscritto all'A.I.R.E. sin dal 1997, deduceva di aver avuto notizia dell'esistenza delle cartelle di pagamento insolute soltanto a seguito della ricezione, in data 8/9/2011, della lettera raccomandata inviata da S.S. s.p.a. alla sua residenza tedesca.

    L'adita CTP di Catania respingeva il ricorso sul rilievo che sebbene la sentenza n. 366/2007 della Corte Costituzionale avesse reso inapplicabile, per i contribuenti iscritti all'A.I.R.E., che non avevano comunicato all'Amministrazione finanziaria un proprio domicilio in Italia, la procedura semplificata di affissione nella casa comunale, come previsto dall'art. 60, lett. c), d.p.r. n. 600 del 1973, cionondimeno la pronuncia di illegittimità costituzionale non poteva dispiegare effetti per le notifiche effettuate in precedenza e che avevano consolidato gli effetti per mancata impugnazione dell'atto, per cui soltanto una cartella di pagamento (293 2006 0008555984000 per euro 75.715,23) risultava notificata con l'affissione (dichiarata illegittima) mentre le restanti sei intimazioni si riferivano a cartelle regolarmente notificate, ai sensi dell'art. 60, d.p.r. citato, all'ultimo domicilio fiscale.

    La CTR della Sicilia condivideva la ricostruzione normativa della fattispecie operata dal primo giudice e concludeva, nei medesimi termini, per inapplicabilità della pronuncia del Giudice delle leggi, "essendo l'Ufficio obbligato a tale nuova forma di notifica (spedizione a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento all'indirizzo estero comunicato, fatta comunque salva la possibilità che l'atto o l'avviso stesso venga consegnato in mani proprie del destinatario) solo nel caso di previa e formale comunicazione pervenuta dal cittadino residente all'estero, rimanendo in tutti gli altri casi legittimato ad effettuare le procedure di cui all'art. 60, c.1, lett. e), ossia il deposito nella casa comunale e successiva affissione all'albo (procedura, quest'ultima, applicabile fino al recentissimo intervento della Consulta)".

     

    Ragioni della decisione

     

    Con il primo motivo il ricorrente deduce, sensi dell'art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c., in relazione agli artt. 1, 3 e 24 Cost., violazione e falsa applicazione dei principi di cui alla sentenza n. 366/2007 della Corte Costituzionale, perché la CTR della Sicilia ha ritenuto di non fare applicazione di tali principi per le notifiche eseguite ante 2007 nei confronti di cittadino italiano residente all'estero, iscritto all'A.I.R.E., che non si sia avvalso espressamente della facoltà di cui all'art. 62, comma 1, lett. e-bis, d.lgs. n. 546 del 1992, con conseguente inapplicabilità dell'art. 142 c.p.c. al rito tributario.

    Con il secondo motivo deduce, sensi dell'art. 360, comma primo, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza impugnata in relazione alla contraddittoriamente affermata inapplicabilità della richiamata pronuncia della Corte Costituzionale ai contribuenti iscritti all'A.I.R.E. che, come il Puglia, non si sono avvalsi della facoltà di comunicare l'indirizzo estero.

    Con il terzo motivo deduce, sensi dell'art. 360, comma primo, n. 5, c.p.c., omesso esame della circostanza che il contribuente risultava iscritto all'A.I.R.E. sin dal 1997 e che ciò poteva valere anche quale esercizio della facoltà di elezione di indirizzo estero dove ricevere le notifiche nonché, sensi dell'art. 360, comma primo, n. 4, c.p.c., error in procedendo, per non avere la CTR della Sicilia considerato la mancata contestazione, da parte dell'Agente della riscossione, del domicilio fiscale all'estero, circostanza per cui la notifica andava effettuata ai sensi dell'art. 142 c.p.c., in Germania. Deduce, altresì, che la notifica di tutte le cartelle di pagamento presupposte sono state effettuate, ai sensi dell'art. 140 c.p.c., con affissione all'albo comunale, ed una, ai sensi dell'art. 139 c.p.c., in Catania, Via U. n. 13, luogo in cui il contribuente non aveva né residenza, né dimora, né domicilio, per cui non poteva risultare "irreperibile", tra il 17/4/2001 ed il 27/12/2003, considerato che sarebbe stato sufficiente estrarre un certificato di residenza per apprendere del trasferimento della residenza in Germania.

    Con il quarto motivo deduce, sensi dell'art. 360, comma primo, n. 5 e n. 4, c.p.c., violazione dell'art. 92, comma 2, c.p.c., in ordine alla disposta compensazione delle spese processuali per "la peculiarità della questione affrontata", nonché error in procedendo, per non avere la CTR della Sicilia ritenuto, invece, di disporre la condanna dell'Agente della riscossione al pagamento delle spese di entrambi i gradi del giudizio.

    Le prime tre censure, che possono essere esaminate congiuntamente in quanto logicamente connesse, sono fondate e meritano accoglimento, con il conseguente assorbimento dell'ultima censura.

    La questione posta dal ricorrente è quella della ritualità della notificazione delle cartelle di pagamento prodromiche alle impugnate intimazioni, notificazione che assume non correttamente effettuata mediante "le procedure di cui all'art. 60, c.1, lett. e), ossia il deposito nella casa comunale e successiva affissione all'albo", avuto riguardo al domicilio fiscale identificato dall'ultima residenza del contribuente trasferitosi all'estero.

    Sostiene il ricorrente: che, a seguito del trasferimento in Germania e della iscrizione all'AIRE effettuata in epoca antecedente a quella delle notifiche, l'Amministrazione finanziaria non avrebbe potuto notificare gli atti prodromici alle intimazioni di pagamento, ai sensi del combinato disposto degli artt. 58 e 60 del d.p.r. n. 600 del 1973, essendo pacificamente conoscibile la sua residenza tedesca tramite la semplice consultazione dell'A.I.R.E.; che pacificamente il contribuente non si era avvalso della facoltà di comunicare l'indirizzo estero, ai sensi del d.l. n. 223 del 2006, trattandosi di notifiche asseritamente antecedenti alla predetta riforma; che, dunque, "la notifica (delle cartelle di pagamento) andava effettuata ai sensi dell'art. 142 c.p.c. (...) in ossequio alla sentenza n. 366/07 della Corte Costituzionale", ancorché intervenuta successivamente al compimento delle procedure notificatorie oggetto di contestazione.

    Giova premettere che la notificazione degli atti tributari a persone residenti all'estero viene regolamentata dal d.p.r. n. 600 del 1973 e, in particolare, dal combinato disposto dagli artt. 58 e 60 del decreto citato, disposizioni che, sino al 3 luglio 2006, si limitavano ad attribuire, al contribuente trasferitosi all'estero, la facoltà di eleggere domicilio, ai fini della notificazione degli atti in questione, presso una persona o un ufficio ubicato nel Comune di ultima residenza, comunicando tale sua eventuale scelta all'ente impositore territorialmente competente, mediante raccomandata a/r oppure tramite espressa specificazione nella dichiarazione dei redditi annuale, disponendo nel contempo l'inapplicabilità dell'art. 142 c.p.c. (Notificazione a persona non residente, né dimorante, né domiciliata nella Repubblica).

    In tal caso, anche se la residenza estera del contribuente notificando era conoscibile, in quanto oggetto di iscrizione all'A.I.R.E., all'Amministrazione finanziaria legittimamente effettuava la notificazione dell'atto impositivo mediante affissione di un avviso di deposito dell'atto presso l'albo pretorio del Comune di ultima residenza, ai sensi dell'art. 60, primo comma, lett. e), del d.p.r. n. 600 del 1973.

    Il legislatore, con l'art. 37, comma 27, del d.l. n. 223 del 2006 (convertito in legge n. 248 del 2006), ha aggiunto al comma 1, dell'art. 60, d.p.r. n. 600 del 1973, la lettera e-bis, attribuendo al contribuente non residente nello Stato italiano, la facoltà di comunicare all'Amministrazione finanziaria l'indirizzo estero ove ricevere la notificazione dei provvedimenti tributari mediante raccomandata con avviso di ricevimento, ferma restando l'inapplicabilità dell'art. 142 c.p.c. al rito tributario.

    E' stata introdotta, così, una peculiare forma di notifica dell'atto ai residenti all'estero, consentendone l'utilizzo soltanto per quei cittadini che si siano avvalsi della facoltà di comunicazione dell'indirizzo estero all'Amministrazione finanziaria.

    L'Ufficio, dunque, è obbligato a tale nuova forma di notifica solo in caso di previa e formale comunicazione pervenuta dal cittadino residente all'estero, rimanendo in tutti gli altri casi legittimato ad effettuare le procedure di cui all'art. 60 comma 1 lett. e), ossia il deposito nella casa comunale e successiva affissione all'albo, procedure, queste ultime, applicabili fino all'intervento della Corte Costituzionale che, nel far salva (siccome non considerata) la novella legislativa del 2006, ha dichiarato l'illegittimità degli articoli sopra citati - nella parte in cui non prevedono l'applicazione dell'art. 142 del codice di procedura civile.

    La Corte costituzionale, in particolare, con sentenza del 17 novembre 2007 n. 366, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del primo comma, lettere c) ed f) dell'art. 60, d.P.R. n. 600 del 1973, nella parte in cui prevede, nel caso di notificazione a cittadino italiano avente all'estero una residenza conoscibile all'Amministrazione finanziaria in base all'iscrizione nell'Anagrafe degli Italiani Residenti all'Estero (A.I.R.E.), che le disposizioni contenute nell'art. 142 c.p.c. non si applicano.

    Come questa Corte (Cass. n. 23378/2021) ha avuto modo di evidenziare, "La Consulta, modificando la disciplina in esame, ha ritenuto, con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., che le disposizioni normative portate dal combinato disposto di cui ai più volte citati artt. 58 e 60 del d.P.R. n. 600 del 1973 fossero lesive dei principi insiti nelle norme sopra menzionate, non garantendo ai contribuenti italiani iscritti all'A.I.R.E. il diritto ad acquisire effettiva conoscenza dei provvedimenti tributari ad essi destinati, dando luogo ad una <<ingiustificata disparità di trattamento rispetto ai residenti in Italia, ai quali detta conoscenza era invece garantita dal fatto che le notificazioni degli atti tributari sono effettuate nel domicilio fiscale, e cioè, ai sensi del denunciato art. 58, secondo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973 nel comune nella cui anagrafe sono iscritte le persone fisiche contribuenti>>. La Consulta ha considerato costituzionalmente illegittima la inapplicabilità dell'art. 142 c.p.c. alle notificazioni degli atti tributari, laddove tale inconcepibile inibizione normativa limitasse decisamente l'esercizio del diritto di difesa da parte del contribuente italiano trasferitosi all'estero senza che tale vulnus fosse giustificato da un <<apprezzabile interesse dell'amministrazione notificante a non subire eccessivi aggravi nell'espletamento della procedura notificatoria>>, dacché l'ente erariale sarebbe stato semplicemente onerato di dover espletare la procedura di notificazione presso la residenza estera risultante dall'A.I.R.E. Tale sistema normativo, secondo la Corte, non garantiva <<al notificatario non più residente in Italia l'effettiva conoscen.za degli atti a lui destinati, senza che a tale diminuita garanzia corrisponda un apprezzabile interesse dell'amministrazione finanziaria notificante a non subire eccessivi aggravi nell'espletamento della procedura notificatoria>>. Di contro, precisa la Consulta, la modalità di notificazione prevista in via generale dall'articolo 142 c.p.c. assicura al notificatario l'effettiva conoscenza dell'atto a lui destinato, imponendo all'Amministrazione finanziaria di espletare la non troppo gravosa procedura di notifica presso la residenza estera risultante dall'A.I.R.E.".

    L'art. 60 del d.p.r. n. 600 del 1973 è stato oggetto di ulteriori interventi da parte del legislatore (art. 2., comma 1, lett. a), d.l. n. 40 del 2010; art. 7 quater, d.l. n. 193 del 2016)) dei quali non si rende necessario l'esame in quanto qui non rilevano.

    Nel presente giudizio si discute dell'efficacia retroattiva della più volte richiamata sentenza della Corte Costituzionale n. 366/2007.

    Le cartelle di pagamento concernenti le intimazioni di pagamento impugnate, per quanto viene riportato nella sentenza della CTR della Puglia e negli atti difensivi, sono state notificate al contribuente, tra l'aprile 2001 ed il dicembre 2003, ai sensi dell'art. 60, comma 1, e) , d.p.r. n. 600 del 1973, con deposito di copia dell'atto nella casa comunale ed affissione dell'avviso di deposito nell'albo dello stesso comune, tranne una cartella, al medesimo contribuente notificata, in data 24/11/2009, ai sensi dell'art. 139 c.p.c. (notificazione nella residenza, nella dimora e nel domicilio), in Catania, Via U. n. 13, luogo in cui il contribuente non aveva né residenza, né dimora, né domicilio e benché lo stesso fosse residente all'estero ed iscritto all'A.I.R.E., sin dall'anno 1997.

    La questione posta all'attenzione della Corte è se al momento in cui è intervenuta la richiamata sentenza della Corte Costituzionale il rapporto tributario de quo potesse dirsi "esaurito", come ritenuto dai giudici di merito, donde l'indifferenza dello stesso agli effetti della pronuncia del Giudice delle leggi.

    L'efficacia delle sentenze dichiarative della illegittimità costituzionale di una norma incontra il limite dei rapporti esauriti, in modo definitivo ed irrevocabile, per avvenuta formazione del giudicato o per essersi comunque verificato altro evento cui l'ordinamento ricollega il consolidamento del rapporto, mentre si estende a tutti gli altri rapporti.

    Sul punto, la Corte di legittimità (Cass. n. 618/2018) ha già avuto modo di evidenziare che "la inoperatività della norma processuale dichiarata incostituzionale, a partire dal giorno successivo alla pubblicazione della relativa sentenza della Corte Costituzionale nella Gazzetta Ufficiale, va affermata con riguardo sia ad atti processuali successivi, sia ad atti processuali compiuti in precedenza, ma la cui validità ed efficacia sia ancora oggetto di sindacato dopo la predetta sentenza (Sez. 1, Sentenza n. 5039 del 05/04/2001, Rv. 545582 - rapporti ormai esauriti in modo definitivo quelli in cui è avvenuta la formazione del giudicato o si è verificato altro evento cui l'ordinamento collega il consolidamento del rapporto medesimo, ovvero si sono verificate preclusioni processuali, o decadenze e prescrizioni non direttamente investite, nei loro presupposti normativi, dalla pronuncia d'incostituzionalità (Sez. 1, Sentenza n. 20381 del 20/11/2012, Rv. 624199 - 01)".

    La Corte, inoltre, ha precisato che "Il consolidamento degli atti, pertanto, può derivare da ragioni tanto sostanziali (decorso dei termini prescrizionali o decadenziali, atti negoziali che rendano le vicende da essi disciplinate insensibili alle sopravvenute pronunzie di incostituzionalità, al pari delle modifiche normative) quanto processuali (formazione del giudicato) (Sez. 2, Sentenza n. 22413 del 29/11/2004, Rv. 579351 - 01)" ed ancora "che la notifica non è un rapporto giuridico a sé, rispetto al quale deve valutarsi l'avvenuto consolidamento, ma un atto strumentale all'instaurazione della controversia o al consolidamento dell'obbligo di pagamento in capo al contribuente per omessa impugnazione", sicché operando il frazionamento tra rapporto tributario e rapporto processuale afferente il procedimento notificatorio si verrebbe a "vanifica(re), di fatto, l'effetto retroattivo delle sentenze di illegittimità costituzionale ed è, quindi, sarebbe contrario al dettato della legge e della Costituzione" (v. anche Cass. n. 105528/2017; n. 23378/2021).

    Nel caso in esame, nel quale non si discute di formazione del giudicato, deve farsi applicazione della giurisprudenza di legittimità innanzi riportata, alla quale, a parere del Collegio, va senz'altro data continuità.

    Infondatamente, quindi, l'Agente della riscossione eccepisce l'esaurimento del rapporto giuridico de quo alla data di instaurazione del giudizio di impugnazione delle intimazioni di pagamento (il ricorso introduttivo è stato notificato il 14/11/2011), in quanto gli atti prodromici a dette intimazioni furono regolarmente notificati (tra l'aprile 2001 ed il dicembre 2003) con le modalità allora previste, per cui erano ormai divenuti definitivi per omessa tempestiva impugnazione da parte del contribuente, la cui invalidità (sentenza della Corte Costituzionale n. 366/2007) è stata fatta valere con l'impugnazione tempestiva delle intimazioni di pagamento, primo atto in forza del quale il contribuente medesimo aveva avuto effettiva conoscenza delle cartelle esattoriali.

    Quanto detto, a maggior ragione, vale per l'ultima cartella di pagamento, notificata al Puglia in data 24/11/2009.

    Pertanto, il ricorso originariamente proposto dal contribuente è fondato, nel merito, e deve essere accolto.

    Le spese dell'intero giudizio devono essere compensate, tenuto conto del recente consolidarsi della giurisprudenza di legittimità sulle questioni trattate e dell'intervento, sulla disciplina di riferimento, anche del Giudice delle leggi.

     

    P.Q.M.

     

    Accoglie i primi tre motivi, assorbito il quarto, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originariamente proposto dal contribuente. Compensa le spese dell'intero giudizio.

     

 

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