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Studio Boschi Consuelenza del Lavoro

  • 27/10/2021

    INPS - Contribuzione - Accertamento fiscale condotto dall’Agenzia delle Entrate - Omessa prova della pretesa contributiva - Nullità avviso di addebito

     

     

    dell’obbligazione contributiva è proprio (soltanto) quello relativo all’accertamento fiscale condotto dall’Agenzia delle Entrate - accertamento peraltro non definitivo ed impugnato davanti al Giudice tributario - , senza l’indicazione di ulteriori specifici elementi probatori in ordine alla sussistenza della propria pretesa creditoria, in base alla quale il convenuto sostanziale (odierna parte opponente nel presente giudizio) sarebbe nei suoi confronti obbligato.

    Alla luce delle considerazioni che precedono, dunque, non avendo l’INPS (attore in senso sostanziale) dato prova della propria pretesa contributiva ed essendo stato l’accertamento fiscale impugnato davanti al Giudice tributario, va annullato l’avviso di addebito impugnato, tenuto conto che non è stato possibile accertare il maggior reddito cui consegue l’obbligo contributivo riportato nell’avviso di addebito stesso.

     

     

    Ragioni di fatto e di diritto della decisione

     

    Preliminarmente giova sottolineare che (...) ha proposto opposizione avverso l’avviso di addebito n. (...) (formato il 24.11.2017 e notificato in data 12.12.2017) avente ad oggetto il pagamento della complessiva somma di Euro 20.846,29 a titolo di contributi IVS Gestione Commercianti sul maggior reddito per l’anno 2011 e somme aggiuntive, avviso basato su un accertamento fiscale effettuato dall’Amministrazione Finanziaria (n. ...) impugnato davanti alla competente Commissione Tributaria Provinciale di Siracusa.

    Ciò posto, va in primo luogo evidenziato che l’INPS ha eccepito l’improcedibilità del ricorso per mancata notifica del ricorso medesimo e del decreto di fissazione udienza.

    Tale eccezione è infondata e va rigettata.

    Ed invero, la Suprema Corte, con un recente orientamento condiviso dal Giudicante, ha affermato che "Nel rito del lavoro, nel caso di omessa o inesistente notifica del ricorso introduttivo del giudizio e del decreto di fissazione dell’udienza, è ammessa la concessione di un nuovo termine, perentorio, per la rinnovazione della notificazione di tali atti" (cfr. Cass. n. 12333, pubblicata in data 17 giugno 2016; Cass. civ., sez. lav., 27.01.2015, n. 1483).

    Tale principio si applica, oltre che ai giudizi di lavoro veri e propri, anche a quelli che seguono tale rito speciale (ad esempio, l’opposizione avverso la cartella esattoriale e/o l’avviso di addebito), e ciò perché l’art. 415 c.p.c. non contiene un’esplicita sanzione per l’omessa notifica del ricorso introduttivo e del decreto di fissazione dell’udienza; peraltro, in tali casi, non si è ancora instaurato il contraddittorio e, dunque, non vi sarebbe alcuna esigenza della controparte da tutelare, ne ciò potrebbe in qualche modo collidere con il principio del c.d. giusto processo, in considerazione del fatto che, una sentenza di inammissibilità per omessa notificazione del ricorso introduttivo del giudizio, certamente si atteggerebbe come una pronuncia in rito, il che non precluderebbe la riproposizione del ricorso, in assenza di un giudicato nel merito della pretesa originaria.

    Orbene, nella fattispecie in esame, all’udienza del 19.9.2019 parte ricorrente ha chiesto la concessione di un nuovo termine per la notifica, il G.L. ha autorizzato la notifica ed il ricorso è stato notificato in data 13.11.2019 (prima della nuova udienza del 20.2.2020).

    Ciò premesso, nel merito si osserva quanto segue.

    Secondo l’orientamento della Suprema Corte "In tema di iscrizione a ruolo del crediti degli enti previdenziali, l’art. 24, comma 3, del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, che prevede la non iscrivibilità a ruolo del credito previdenziale sino a quanto non vi sia il provvedimento esecutivo del giudice, qualora l’accertamento sui cui la pretesa creditoria si fonda sia impugnato davanti all’autorità giudiziaria, va interpretato nel senso che l’accertamento, cui la norma si riferisce, non è solo quello eseguito dall’ente previdenziale, ma anche quello operato da altro ufficio pubblico come l’Agenzia delle Entrate, ne è necessario, ai fini della non iscrivibilità a ruolo, che, in quest’ultima ipotesi, l’INPS sia messo a conoscenza dell’impugnazione dell’accertamento innanzi al giudice tributario" (v. Cass. civ., sez. lav., n. 8379/2014).

    Dunque, all’Istituto è preclusa l’iscrizione a ruolo, in pendenza dell’impugnativa innanzi alla Commissione Tributaria.

    Pur tuttavia, nell’ipotesi in cui l’INPS ha proceduto comunque all’iscrizione a ruolo, l’orientamento espresso dalla Suprema Corte con la sentenza n. 14149/2012 è quello di doversi procedere alla disamina nel merito: "In tema di riscossione di contributi e premi assicurativi, il giudice dell’opposizione a cartella esattoriale che ritenga illegittima l’iscrizione a ruolo (nella specie, ai sensi dell’art. 24, comma 3, del d.lgs. n. 46 del 1999, per difetto di un provvedimento giudiziale esecutivo sull’impugnazione dell’accertamento) non può limitarsi a dichiarare tale illegittimità, ma deve esaminare nel merito la fondatezza della domanda di pagamento dell’istituto previdenziale, valendo gli stessi principi che governano l’opposizione a decreto ingiuntivo" (cfr anche con particolare riferimento a giudizio di opposizione a cartella scaturente da accertamento dell’Agenzia delle Entrate, Corte di Appello di Firenze n. 1345/2013).

    Da ultimo, la Suprema Corte, con ordinanza del 24.07.2012 n. 18262, richiamando Cass. 6.8.2012 n. 14149 e Cass. 15.6.2015 n. 12333, ha espressamente ritenuto che l’illegittima iscrizione a ruolo, in quanto effettuata nonostante l’impugnazione dell’accertamento fiscale, non preclude l’accertamento nel merito della pretesa contributiva.

    Pertanto, alla luce della giurisprudenza richiamata, la pendenza dell’impugnativa innanzi alla Commissione Tributaria dell’atto di accertamento presupposto integra una pregiudiziale di fatto e non di diritto, tale da non comportare la sospensione necessaria del processo ex art. 295 c.p.c., ma implica che il G.I., proceda al vaglio nel merito della pretesa creditoria, risolvendo la questione sulla base dei principi generali in tema di onere probatorio ex art. 2697 c.c., gravante sull’INPS, in ordine alla sussistenza dell’obbligazione contributiva.

    Tutto ciò posto, va sottolineato che, nel merito della vicenda, l’unico elemento fornito dall’INPS a fondamento dell’obbligazione contributiva è proprio (soltanto) quello relativo all’accertamento fiscale condotto dall’Agenzia delle Entrate - accertamento peraltro non definitivo ed impugnato davanti al Giudice tributario - , senza l’indicazione di ulteriori specifici elementi probatori in ordine alla sussistenza della propria pretesa creditoria, in base alla quale il convenuto sostanziale (odierna parte opponente nel presente giudizio) sarebbe nei suoi confronti obbligato.

    Alla luce delle considerazioni che precedono, dunque, non avendo l’INPS (attore in senso sostanziale) dato prova della propria pretesa contributiva ed essendo stato l’accertamento fiscale impugnato davanti al Giudice tributario, va annullato l’avviso di addebito impugnato, tenuto conto che non è stato possibile accertare il maggior reddito cui consegue l’obbligo contributivo riportato nell’avviso di addebito stesso.

    Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, tenuto conto del valore della controversia, della natura delle questioni giuridiche trattate e dell’attività difensiva svolta.

     

    P.Q.M.

     

    Definitivamente pronunciando ai sensi dell’art. 429 c.p.c., disattesa ogni contraria istanza, eccezione e difesa, così provvede;

    1) dichiara illegittima l’iscrizione a ruolo dei contributi previdenziali e somme aggiuntive oggetto dell’avviso di addebito impugnato n. (...) (formato il 24.11.2017 e notificato in data 12.12.2017) e, per l’effetto, annulla tale atto;

    2) condanna l’INPS (in persona del legale rappresentante pro tempore), alla refusione delle spese processuali sostenute dall’opponente, che liquida in complessivi Euro 2.043,00 - di cui Euro 43,00 per esborsi ed Euro 2.000,00 per compensi professionali - , oltre accessori di legge.

 

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