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Studio Boschi Consuelenza del Lavoro

  • 27/10/2021

    Licenziamento - Impugnazione - Giurisdizione - Dipendente della forza armata USA in territorio italiano

     

    Fatti di causa

     

    1. C.F., impiegato sin dal 1992 presso la Stazione Comunicazioni del Comando della Marina Militare americana (N.), articolazione della NCTAMS LANT, poi U.S. NCTS di S., con ricorso ex art. 1, comma 47, legge n. 92 del 2012, ha impugnato il licenziamento intimato l'8 ottobre 2015 chiedendo la reintegrazione nel posto di lavoro e la corresponsione delle retribuzioni oltre regolarizzazione contributiva.

    2. Il Tribunale adito, prima con ordinanza del 4 aprile 2017, poi con sentenza del 30 gennaio 2019, in accoglimento dell'eccezione formulata dal Governo degli Stati Uniti, ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano, ritenendo applicabile, in materia, l'art. 11, co. 2, lett. c) della Convenzione di New York che introduce un'eccezione alla giurisdizione dello Stato ospitante (cd. Immunità ristretta), in tutti i casi in cui l'azione ha per oggetto l'assunzione, la proroga e la reintegrazione di un lavoratore.

    3. La Corte d'appello di Catania, decidendo il gravame svolto dal lavoratore, con sentenza n.176 del 2020 ha ribaltato il giudizio di primo grado e affermato la giurisdizione del giudice italiano, con rimessione delle parti dinanzi al primo giudice, ai sensi dell'art. 353 cod.proc.civ., richiamando i principi espressi dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite, a partire dalla sentenza n. 8858 (recte 8588) del 1996, secondo cui, in applicazione dell'art. IX della Convenzione di Londra del 19 giugno 1951, resa esecutiva in Italia con legge 30 novembre 1955, n. 1355 (nonché dell'art. 8 dell'accordo firmato a Parigi il 26 luglio 1961, reso esecutivo con d.P.R. 18 settembre 1962, n. 2083), le condizioni di impiego e di lavoro delle persone assunte dagli organi militari e dagli uffici civili della N.A.T.O. per i bisogni locali di manodopera, al fine del soddisfacimento di esigenze materiali (cosiddetto personale a statuto locale), in particolare per quanto riguarda il salario, gli accessori e le condizioni di protezione dei lavoratori, sono regolate conformemente alla legislazione in vigore nello Stato di soggiorno (nella specie, l'Italia), con riferimento alla disciplina sostanziale del rapporto di lavoro e alla tutela giurisdizionale dei lavoratori.

    4. La Corte d'appello ha ritenuto irrilevante che la richiamata giurisprudenza di legittimità fosse antecedente alla Convenzione di New York e alla sua ratifica in Italia, dal momento che lo stesso Governo degli Stati Uniti riconosceva, da un lato, che tale Convenzione non fosse ancora entrata in vigore per mancato deposito del trentesimo strumento di ratifica e, dall'altro, che la stessa si fosse limitata a dichiarare norme già esistenti nel diritto internazionale consuetudinario, vigenti nel nostro ordinamento, in virtù dell'art. 10 Cost., e tenute presenti dalla giurisprudenza di legittimità nella interpretazione della Convenzione di Londra riguardante specificamente i paesi del Patto Atlantico; ha rimarcato, infine, che la questione di giurisdizione concernente i rapporti di lavoro, come quello in esame, dovesse dirimersi sulla base della Convenzione di Londra anche dopo la stipula della Convenzione di New York e, ancor più, dopo la ratifica, di quest'ultima, da parte dello Stato Italiano (all'uopo richiamando Cass., Sez.Un., n. 16248 del 2011 e, da ultimo, Cass.,Sez.Un., n. 8228 del 2019, ancora in tema di rapporti di lavoro in favore degli organi militari e degli uffici civili dei Paesi aderenti alla NATO sulla base della Convenzione di Londra del 1951).

    5. Contro tale decisione ricorrono per cassazione gli Stati Uniti d'America, con ricorso ulteriormente illustrato con memoria, chiedendo dichiararsi il difetto di giurisdizione del giudice italiano rispetto all'azione di reintegrazione proposta dal F., ai sensi del diritto consuetudinario e alla stregua della Convenzione di New York sulle immunità giurisdizionali degli Stati.

    6. F. C. ha resistito con controricorso.

    7. L'Ufficio del Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.

     

    Ragioni della decisione

     

    8. Gli Stati Uniti d'America chiedono l'annullamento della sentenza impugnata assumendo che l'articolo IX, comma 4 della Convenzione di Londra non conterrebbe alcun regolamento pattizio della giurisdizione ma si limiterebbe a garantire il rispetto esclusivamente della legislazione di diritto sostanziale dello Stato in cui si svolge il rapporto e non costituirebbe nemmeno una deroga al generale regime dell'immunità dello Stato estero, rispetto a pretese volte a vedere ricostituito il rapporto di lavoro, alla stregua del diverso regime previsto dall'art. 11, co. 2) lett.c) della Convenzione di New York sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni.

    9. Argomenta la parte ricorrente che, rispetto alla norma ritenuta applicabile nella specie - la Convenzione di New York sulle immunità giurisdizionali - deve escludersi l'ipotizzabilità di una rinuncia all'immunità giurisdizionale, non essendo stato prestato, in termini espliciti, alcun consenso all'esercizio della giurisdizione (a mente dell'art. 7, 2° comma, Convenzione di New York); aggiunge che la deroga opererebbe, eventualmente, solo nel senso dell'ampliamento dell'ambito di operatività dell'immunità giurisdizionale, e non del suo restringimento, alla stregua dell'art. 11, 1° comma, Convenzione di New York che pone la regola generale dell'assenza di immunità giurisdizionale nei rapporti privatistici, introducendo, però, la possibilità di deroga pattizia, nel senso di consentire la previsione pattizia di un'immunità laddove, altrimenti, l'immunità non opererebbe, ragione per cui l'articolo IX, 4° comma, della Convenzione di Londra non potrebbe considerarsi una deroga, tanto meno esplicita.

    10. Contesta, altresì, che, in materia, possa assumere rilevanza decisiva quanto statuito dall'art. 8, lett. f, del d.P.R. 18 settembre 1962 n. 2083 - disposizione applicabile esclusivamente ai personale civile impiegato da un Quartiere Generale interalleato - che, con riferimento al personale civile a statuto locale di cui all'articolo IX della Convenzione di Londra, prevede che le clausole contrattuali e le condizioni di lavoro saranno regolate dalle leggi italiane; che l'assunzione avverrà in conformità alle leggi italiane; che si provvederà al trattamento assistenziale e previdenziale di tale personale in conformità alle leggi italiane; che «Qualsiasi vertenza relativa ai rapporti di lavoro. . . potrà essere risolta dai competenti organi interni NATO senza pregiudizio della tutela giurisdizionale spettante a detto personale secondo le leggi italiane».

    11. In definitiva, la parte ricorrente chiede applicarsi il criterio interpretativo dell'applicazione uniforme dell'art. IX, 4° comma, della Convenzione di Londra, tenuto conto delle decisioni delle Corti canadesi e inglesi, che hanno escluso che detta Convenzione si occupi di giurisdizione o di immunità, e di risolvere il conflitto, meramente apparente di fonti, nel senso che solo la Convenzione di New York, e non la Convenzione di Londra, si occupa di giurisdizione e di immunità giurisdizionale, ovvero il conflitto di fonti nel senso della prevalenza della regola di diritto consuetudinario internazionale consolidata e trasfusa nell'art. 11, 2° comma, lett c) della Convenzione di New York, che preclude l'esercizio della potestas judicandi nell'ipotesi di domanda volta ad ottenere la reintegrazione nel posto di lavoro, sul presupposto che nulla vieta che il diritto consuetudinario successivo abroghi quello pattizio anteriore.

    12. Il ricorso, ammissibile in quanto la sentenza della Corte di appello deve ritenersi definitiva e, quindi, non ricadente nel divieto dettato dall'art. 360, comma 3, cod.proc.civ. (fra tante, Cass., Sez.Un., 22 dicembre 2015, n. 25774), non è fondato.

    13. Il signor F., impiegato d'ordine, è stato assunto, per esigenze locali delle Forze armate americane, alle dipendenze di N. - comando della Marina statunitense che fornisce la connessione telefonica e di rete nella Stazione navale di S. - priva di personalità giuridica separata rispetto al Governo degli Stati Uniti d'America, a uso esclusivo degli USA, e non è organo della NATO.

    14. Trattasi di un rapporto di lavoro svolto presso una base militare degli Stati Uniti d'America in Italia, qual è la Stazione navale di S., alle dipendenze delle forze armate di un Paese appartenente alla NATO, per cui occorre prendere le mosse dallo statuto delle forze armate negli stati membri della Nato, disciplinato dalla Convenzione di Londra del 19 giugno 1951, ratificata dall'Italia con legge 30 novembre 1955, n. 1335.

    15. La Convenzione siglata a Londra nel 1951, genericamente indicata come «Statuto delle truppe della NATO» disciplina lo status del personale militare degli stati parti del Trattato dell'Atlantico del Nord che si trovino nel territorio di un altro stato parte e, al contempo, regola lo status dei membri delle basi militari Nato o americane stazionanti in territorio italiano.

    16. La Convenzione disciplina anche lo status del personale civile al seguito della forza armata dell'Alleanza stazionante nel nostro territorio e del personale civile dello stato di soggiorno assunto per soddisfare le necessità locali.

    17. In particolare, in riferimento al personale civile dello stato di soggiorno, il quarto paragrafo dell'articolo IX della Convenzione di Londra recita: «Le necessità locali di mano d'opera civile da parte di una forza o di un elemento civile saranno soddisfatte in modo analogo a quelle dei servizi similari dello Stato di soggiorno, con la loro assistenza e tramite i servizi di collocamento della mano d'opera. Le condizioni d'impiego e di lavoro, ed in particolare i salari e gli accessori, nonché le condizioni per la protezione dei lavoratori, saranno regolate conformemente alla legislazione in vigore nello Stato di soggiorno. Tali lavoratori civili impiegati da una forza o da un elemento civile non saranno considerati, in alcun caso, come appartenenti alla forza od all'elemento civile».

    18. Vale fin d'ora precisare che la previsione non si applica solo ai dipendenti della NATO, dal momento che vi si include il personale alle dipendenze di «una forza» ossia, alla stregua della definizione di «forza» data dall'art. 1 della Convenzione medesima, «il personale appartenente alle forze armate di terra, di mare o dell'aria di una delle parti contraenti che si trovi nel territorio di un'altra parte contraente nella zona del Trattato Nord Atlantico per ragioni attinenti al proprio servizio, con riserva che due Parti contraenti interessate possono convenire di non considerare determinate persone, unità o formazioni come costituenti una "forza" o facenti parte di una "forza" appartenenti ad essa agli effetti della presente convenzione».

    19. Non è meritevole di condivisione, pertanto, l'obiezione, illustrata dall'attuale parte ricorrente, nel senso dell'inapplicabilità della richiamata disposizione dell'articolo IX suffragata dal rilievo secondo cui N. non costituirebbe un Quartiere Generale Interalleato: invero, la Convenzione di Londra impegna direttamente non solo la NATO ma anche gli Stati che di essa fanno parte, indicando, quale criterio discretivo, «che si trovi nel territorio di un'altra parte contraente nella zona del Trattato Nord Atlantico per ragioni attinenti al proprio servizio», indipendentemente, dunque, dalla circostanza, evidenziata come decisiva dalla parte ricorrente, che il rapporto di lavoro sia intercorso o meno con un organo della NATO (per inciso, l'impiego con il quartiere generale interalleato intercorre con un organo Nato; l'impiego, come nella specie, per N. intercorre con le forze armate USA).

    20. La copiosa giurisprudenza di queste Sezioni Unite (v. Cass. 26 luglio 2011, n. 16248 ed ivi cenni ai numerosi precedenti giurisprudenziali) ha da tempo chiarito che, ai fini della decisione delle controversie relative al lavoro prestato in favore degli organi militari e degli uffici civili dei Paesi aderenti alla NATO, occorre fare riferimento all'art. IX della Convenzione di Londra del 19 giugno 1951, resa esecutiva in Italia con legge 30 novembre 1955 n. 1355 (nonché art. 8 dell'accordo firmato a Parigi il 26 luglio 1961, reso esecutivo con d.P.R. 18 settembre 1962 n. 2083), a mente del quale, nella disposizione recata dal paragrafo 4, le condizioni di impiego e di lavoro delle persone assunte dagli organi militari e dagli uffici civili della NATO per le esigenze locali di manodopera, al fine del soddisfacimento di esigenze materiali (cosiddetto personale a statuto locale), in particolare per quanto riguarda il salario, gli accessori e le condizioni di protezione dei lavoratori, sono regolate conformemente alla legislazione in vigore nello Stato di soggiorno (nella specie, l'Italia), sia con riguardo alla disciplina sostanziale del rapporto di lavoro sia per quanto attiene alla tutela giurisdizionale dei lavoratori.

    21. Risulta, dunque, consolidata l'interpretazione secondo cui il Trattato di Londra del 1951, reso esecutivo con legge n.1335 del 1955, e il Protocollo della medesima Convenzione firmato a Parigi il 28 agosto 1952, ratificato e reso esecutivo con legge n.1338 del 1952, costituiscono regolamentazione pattizia, senza limitazione alcuna, delle condizioni d'impiego, di lavoro e protezione dei lavoratori nei rapporti di lavoro instaurati dai Paesi membri del Trattato dell'Atlantico del Nord (tra cui gli Stati Uniti d'America), da organismi militari e comandi supremi o subordinati della NATO, con il personale a statuto locale, vale a dire cittadini dello Stato ospitante nel quale si trovino ad operare per lo svolgimento dei propri compiti, e ciò sia quanto alla disciplina sostanziale del rapporto sia per quanto attiene alla giurisdizione (v, fra le altre, Cass. 15 aprile 2005, n. 7837).

    22. Del resto, non solo appartiene al potere sovrano degli Stati derogare, nei rapporti reciproci, ad una norma consuetudinaria di diritto internazionale - e dunque al principio consuetudinario dell'immunità giurisdizionale - mediante un trattato bilaterale o plurilaterale, qual è la Convenzione di Londra del 1951, ma la previsione pattizia siglata nel 1951 si svuoterebbe di significato ove la tutela del rapporto di lavoro alla stregua della legislazione dello Stato ospitante fosse limitata esclusivamente alla disciplina sostanziale, con pregiudizio di quella giurisdizionale.

    23. La più volte richiamata Convenzione di Londra va quindi interpretata nel senso fatto proprio dalla costante giurisprudenza di legittimità, secondo cui opera la rinuncia all'immunità dalla giurisdizione dello Stato ospitante solo ove una parte contraente abbia espresso oggettivamente, anche mediante comportamenti concludenti, l'intento di costituire rapporti di lavoro a «statuto locale», in caso diverso restando esclusa la stessa applicazione della Convenzione che cede all'operatività del principio generale dell'immunità garantita agli Stati esteri per le pretese direttamente incidenti sul loro assetto organizzativo (Cass.,Sez.Un.,18 ottobre 2005, n. 20106).

    24. In altri termini, va ribadito il principio secondo cui sono assoggettati alla giurisdizione dello Stato italiano i soli rapporti di lavoro con la manodopera locale in riferimento ai quali la Convenzione di Londra esprime essa stessa l'intento degli Stati ospitati di rinunciare all'immunità (Cass., Sez.Un., n.20106 del 2005 cit.), rinuncia che, per converso, non è contemplata e non si estende al personale assunto come personale civile accompagnante la forza armata (v. Cass., Sez.Un., 26 aprile 2012, n. 6489).

    25. Il richiamato orientamento ha trovato ulteriore e recente conferma con Cass., Sez.Un., 22 marzo 2019, nn. 8228 e 8229, sentenze coeve che hanno ribadito che la domanda proposta dal lavoratore residente nello Stato di soggiorno in riferimento al rapporto di lavoro prestato in favore degli organi militari e degli uffici civili dei Paesi aderenti alla NATO e la cui assunzione sia avvenuta per il soddisfacimento delle esigenze locali della Forza militare, appartiene alla giurisdizione del giudice dello Stato di soggiorno (v., in continuità, Cass. 18 febbraio 2021, n.4413; Cass. 4 maggio 2021, n. 11638; Cass. 5 maggio 2021, n. 11760; v., inoltre, Cass. 8 gennaio 2015, n. 63; Cass. 4 marzo 2014, n. 4983).

    26. Come evidenziato dalla Corte d'appello, la questione della giurisdizione sui rapporti di lavoro prestati in favore degli organi militari e degli uffici civili dei Paesi aderenti alla NATO è stata risolta da queste Sezioni Unite, con la sentenza n. 8828 del 2019, secondo quanto stabilito dalla Convenzione di Londra del 1951 e le decisioni che si sono espresse in continuità, dianzi richiamate, hanno rimarcato la devoluzione alla giurisdizione del giudice dello Sato di soggiorno della domanda relativa al rapporto di lavoro proposta da un cittadino dello Stato di soggiorno, che sia colà residente, e la cui assunzione sia avvenuta per il soddisfacimento delle esigenze locali della Forza militare.

    27. Nessun contrasto è ravvisabile con Cass.,Sez.Un., 26 aprile 2012, n.6489, in tema di azione svolta dall'ente previdenziale per il recupero di sgravi contributivi indebitamente fruiti in riferimento al predetto personale civile delle forze armate statunitensi, e con lo snodo argomentativo con cui è stata rimarcata la natura patrimoniale dell'azione di recupero esperita dall'INPS nei confronti degli Stati Uniti, per dirimere, in quel giudizio, i profili attinenti alla giurisdizione: è bene precisare che si tratta di domanda in giudizio svolta dall'ente pubblico di previdenza per il recupero di somme costituenti, nell'ordinamento italiano, obbligazione pubblicistica, per cui non costituisce un precedente di segno opposto con il quale ora confrontarsi, non inerendo al thema decidendum, e allo scrutinio in quell'occasione delle Sezioni Unite della Corte, il profilo dell'accesso alla giustizia del lavoratore licenziato che rivendichi anche la tutela reintegratoria nel posto di lavoro.

    28. Del resto non va sottaciuto che l'Italia, nel depositare l'adesione alla Convenzione di New York presso il Segretario Generale delle Nazioni Unite (ex art. 32 della Convenzione), debitamente autorizzata ai sensi dell'art. 80 Cost., in aggiunta all'adesione ha rilasciato una dichiarazione interpretativa in forza della Convenzione di Vienna del 1969 sul diritto dei trattati, che disciplina le «riserve» come dichiarazioni unilaterali, quale che sia la loro formulazione o indicazione, fatte da uno Stato al momento in cui firma, ratifica, accetta, approva un trattato o vi aderisce, per escludere o modificare l'effetto giuridico di alcune disposizioni ivi contenute (sull'operatività del disposto dell'art. 11 della Convenzione, già prima che la Convenzione citata divenisse vincolante per tutti gli Stati aderenti, perché sostanzialmente ricognitivo del diritto consuetudinario in materia e rilevante anche come parametro della compatibilità dell'immunità giurisdizionale dello Stato convenuto con le garanzie del giusto processo v. Cass., Sez. Un., 18 aprile 2014, n. 9034 e 18 settembre 2014, n. 19674 ed ivi richiami alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, Corte EDU, sentenza del 18 gennaio 2011, Guadagnino c. Italia).

    29. In particolare, il Governo italiano ha con tale strumento chiarito che la Convenzione non avrebbe trovato applicazione alle attività poste in essere dalle forze armate di uno Stato durante un conflitto armato o nell'esercizio delle proprie funzioni, e continua specificando che sono fatti salvi i regimi speciali di immunità, tra cui l'immunità collegata allo status delle forze armate e al personale associato.

    30. Del resto la parte sesta (articoli 25-33) della Convenzione di New York reca, tra le disposizioni finali, una clausola di salvaguardia dei diritti e obblighi degli Stati Parti della Convenzione in esame nei confronti di accordi internazionali per essi vigenti su materie analoghe all'oggetto della Convenzione medesima (art.26: «Le disposizioni della presente Convenzione non pregiudicano i diritti e gli obblighi degli Stati Parte in virtù di accordi internazionali vigenti ai quali sono parti e che trattano questioni oggetto della presente Convenzione»).

    31. Né la Convenzione di New York, nel disciplinare il «contratto di lavoro tra lo Stato e una persona fisica per un lavoro eseguito o da eseguirsi, interamente o in parte, sul territorio dell'altro Stato», con una formulazione dell'articolato contrassegnata, nell'incedere, da eccezione-regola-eccezioni, indica i criteri discretivi per stabilire se e quando una prestazione lavorativa sia svolta jure imperii o jure gestionis dovendosi fare riferimento alle elaborazioni giurisprudenziali dei plessi giurisdizionali degli Stati che, nel bilanciamento tra l'immunità dello Stato e l'accesso alla giurisdizione, di volta in volta valorizzano la natura sovrana delle funzioni svolte, l'obiettivo perseguito, la natura del contratto o il concorso di tali condizioni.

    32. Nello statuto delle forze armate, per converso, ad ulteriore conferma dello speciale regime a fronte delle regole generali enunciate nella Convenzione di New York, nondimeno espressione del criterio ermeneutico lex specialis derogat generali, la causa del contratto di lavoro del personale civile dello stato di soggiorno, impiegato da una forza armata, è tipizzata, ab origine, nelle «esigenze locali» di manodopera, per cui si tratta di rapporti di lavoro funzionali alle esigenze locali in materia di manodopera civile di una forza armata e soddisfatti allo stesso modo dei servizi analoghi dello Stato ricevente, «con la loro assistenza e per il tramite dei servizi della mano d'opera» vale a dire con l'intervento degli organismi all'uopo preposti dallo Stato ricevente per la fornitura di manodopera, al fine del soddisfacimento di esigenze materiali (da qui la definizione di personale a statuto locale).

    33. La spiccata specialità della materia regolata dalla Convenzione di Londra sulla regolazione dei rapporti del personale civile delle forze armate, è compendiata dall'inciso recato dall'ultimo periodo del paragrafo 4, con la netta affermazione che detto personale civile non è in alcun caso considerato membro della forza armata.

    34. Il personale a statuto locale delle forze armate, legato alle forze armate da rapporti di lavoro funzionali e strumentali alla soddisfazione delle esigenze materiali della forza armata, si distingue, peraltro, dal personale civile che accompagna la forza armata ed è da essa impiegato, e la finalità tipizzata pattiziamente alla soddisfazione di mere esigenze materiali della forza armata appartiene alla giurisdizione dello Stato ospitante per non implicare, in forza delle disposizioni statutarie regolatrici dei predetti rapporti di lavoro, ingerenza nelle prerogative e soggettività dello Stato datore di lavoro anche quando, come nella specie, la tutela invocata non sia esclusivamente patrimoniale.

    35 Del resto, nessuna ingerenza è patita dallo Stato estero nel dare  applicazione alle disposizioni pattizie, per l'assunzione del personale civile con cittadinanza e residenza dello Stato di soggiorno, laddove la stessa Convenzione abilita lo Stato ospite ad avvalersi, per concludere siffatti rapporti, dell'assistenza e dei servizi di collocamento della mano d'opera dello Stato ospitante.

    36. Come, del resto, nessuna ingerenza è patita nella riconduzione dei predetti rapporti di lavoro nell'alveo della specifica contrattazione collettiva nazionale di lavoro e, dunque, nella concordata e contrattualizzata previsione, a monte, delle condizioni di impiego per il personale civile italiano alle dipendenze delle forze armate USA in Italia, con disciplina convenzionale dettagliata a tutela delle libertà sindacali, mansioni, retribuzione, progressione interna, permessi, malattia, antidiscriminazioni, illeciti disciplinari con previsione di sanzioni conservative ed espulsive.

    37 E' dunque nelle disposizioni convenzionali del personale a statuto locale delle forze armate, ed esclusivamente per detto personale, e i relativi rapporti di lavoro, la fonte pattizia che attraverso comportamenti concludenti - quali, ben inteso, assumere, per soddisfare esigenze materiali, personale civile con cittadinanza e residenza dello Stato ospitante in luogo di altro personale privo di tali requisiti - esclude, in radice, l'implicazione di prerogative ed interessi dello Stato estero eventualmente confliggenti con l'assunzione, la proroga del rapporto di lavoro o il reinserimento o l'interferenza con gli interessi dello Stato in materia di sicurezza, e ciò in ragione della peculiare tipizzazione dei predetti rapporti con la connaturale causa funzionale, innestata nel sinallagma contrattuale tipico del rapporto di lavoro subordinato, preordinata esclusivamente a soddisfare esigenze materiali locali della forza armata nella base militare costituita nello Stato ospitante.

    38. Inoltre, non si versa in ipotesi di conflitto fra fonti né la pur condivisibile esigenza di interpretazione uniforme della Convenzione nei singoli pressi giurisdizionali dei Paesi del Trattato istitutivo della NATO in cui sono dislocati i comandi alleati, suffragata dalla parte ricorrente, nel ricorso all'esame, evocando l'«autorevolezza fortemente persuasiva, se non tout court vincolante» delle Corti canadesi e inglesi - che hanno ritenuto esulare, dalla Convenzione, i profili inerenti alla giurisdizione o alla immunità (Corte Suprema del Canada, sent.1992-05-2[1991]2 SCR 50 case number 21641 e Corte del Lavoro di Lancaster (UK) 10 marzo 2015 Harrington v. United States of America) - si appalesa decisiva per indurre queste Sezioni Unite ad una revisione dell'interpretazione della Convenzione di Londra, da tempo consolidata nel senso dell'applicabilità delle regole di diritto sostanziale e della potestas judicandi dello Stato di soggiorno, non constando, peraltro, eventuali iniziative, sul piano internazionale, per promuovere una complessiva rivisitazione, nel senso patrocinato e auspicato dalla parte ricorrente, dello Statuto delle Forze armate che abbiano costituito rapporti di lavoro «a statuto locale» negli Stati partecipanti al Trattato Nord Atlantico.

    39. In conclusione, la giurisdizione del giudice italiano va affermata per non essere implicato lo svolgimento di funzioni sovrane e per essere elemento determinante della regolazione della giurisdizione nell'azione d'impugnativa del licenziamento con tutela reintegratoria, la tipicità, sin qui descritta, del rapporto lavorativo svolto, nell'infrastruttura militare, dal cittadino italiano alle dipendenze della forza armata USA in territorio italiano.

    40. La regolazione delle spese è rimessa al giudice dinnanzi al quale proseguirà il giudizio.

    41. Ai sensi dell'art.13,co.1-quater, d.P.R.n.115/2002, sussistono i  presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell'ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari  a quello per il ricorso ex art.13, co. 1, se dovuto.

     

    P.Q.M.

     

    rigetta il ricorso; dichiara la giurisdizione del giudice italiano e gli rimette la decisione sulle spese del presente giudizio. Ai sensi dell'art.13, co.1-quater, d.P.R.n.115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell'ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13, co. 1, se dovuto.

 

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