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Studio Boschi Consuelenza del Lavoro

  • 17/09/2021

    Tributi - IRAP - Riduzione del cuneo fiscale - Imprese che svolgono attività regolamentata (c.d. "public Utilities") in forza di una concessione traslativa e a tariffa remunerativa - Esclusione

     

    Rilevato che

     

    L'Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia il 17 giugno 2019 n. 2604/09/2019, non notificata, che, in controversia su impugnazione di silenzio-rifiuto in relazione all'istanza di rimborso per l'IRAP relativa agli anni 2010, 2011 e 2012, ha rigettato l'appello proposto dalla medesima nei confronti della "S.A.L. - " avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Lecco il 13 marzo 2017 n. 66/02/2017, con compensazione delle spese giudiziali. La Commissione Tributaria Regionale ha confermato la decisione di prime cure, sul presupposto che la contribuente potesse usufruire delle deduzioni dalla base imponibile dell'IRAP, essendo appaltatrice di servizio pubblico in assenza di vincolo tariffario. La "S.A. S.r.l.", nella qualità di incorporante la "S.A.L. - ", "D. S.r.l.", si è costituita con controricorso. Ritenuta la sussistenza delle condizioni per definire il ricorso ai sensi dell'art. 380-bis cod.proc. civ., la proposta formulata dal relatore è stata notificata ai difensori delle parti con il decreto di fissazione dell'adunanza della Corte.

    In vista dell'odierna adunanza, la controricorrente ha depositato memoria.

     

    Considerato che

     

    1. Con il primo motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 36, comma 2, n. 4, e 61 del D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546, 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ., 111, comma 6, Cost., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per aver rigettato l'appello con motivazione meramente perplessa o apparente.

    2. Con il secondo motivo, si denuncia falsa applicazione degli artt. 11, comma 1, lett. a), nn. 2 e 4, del D.L.vo 15 dicembre 1997 n. 446, 112 e 113 del D.L.vo 18 agosto 2000 n. 267, 18 e 19 del D.L.vo 19 novembre 1997 n. 422, 1361, 1367 e 2697 cod. civ., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per aver erroneamente ritenuto che la contribuente potesse usufruire delle deduzioni dalla base imponibile dell’IRAP, essendo appaltatrice di servizio pubblico in assenza di vincolo tariffario.

     

    Ritenuto che

     

    1. Il primo motivo è infondato.

    1.1. Si è in presenza di una tipica fattispecie di "motivazione apparente", allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull'esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del "minimo costituzionale" richiesto dall'art. 111 comma 6 Cost. (tra le tante: Cass., Sez. 1A, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5A, 13 aprile 2021, n. 9627).

    1.2 Nella specie, tuttavia, non si può ritenere che la sentenza impugnata sia carente o incoerente sul piano della logica giuridica, contenendo un'ampia e dettagliata esposizione delle ragioni sottese al rigetto dell'appello (al di là della loro fondatezza in punto di diritto, in base alle successive argomentazioni), con particolare riguardo alla gestione del servizio di autotrasporto pubblico in regime di appalto al di fuori di un vincolo tariffario verso gli utenti.

    2. Il secondo motivo è fondato.

    2.1 In tema di IRAP, il vantaggio fiscale della riduzione della base imponibile dichiarata, in applicazione delle deduzioni introdotte dall'art. 1, comma 266, della Legge 27 dicembre 2006 n. 296 (c.d. riduzione del cuneo fiscale, prevista dalla legge finanziaria 2007), che ha modificato l'art. 11, comma 1, lett. a), nn. 2 e 4, del D.L.vo 15 dicembre 1997 n. 446, non si applica alle imprese che svolgono attività regolamentata (c.d. "public Utilities") in forza di una concessione traslativa e a tariffa remunerativa, ossia capace di generare un profitto, essendo tale interpretazione del concetto di tariffa coerente con la ratio giustificatrice del c.d. cuneo fiscale. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione che aveva ritenuto legittima l'esclusione del contribuente dal beneficio trattandosi di impresa operante nel settore del trasporto pubblico locale a concessione e "a tariffa", dovendo applicare un prezzo di biglietto non libero, ma fissato dalla pubblica amministrazione: Cass., Sez. 5^, 12 dicembre 2019, n. 32633 - nello stesso senso: Cass., Sez. 5^, 13 ottobre 2020, n. 22007; Cass., Sez. 5^, 14 ottobre 2020, n. 22156; Cass., Sez. 5A, 15 ottobre 2020, n. 22346).

    2.2 Ciò posto, costituisce questione dirimente verificare se la contribuente operi in regime di «concessione traslativa e a tariffa» o, piuttosto, se essa operi sulla base di un contratto di appalto, considerando che, nel primo caso, essa non potrebbe usufruire delle deduzioni previste dal citato art. 11, comma 1, lett. a), nn. 2 e 4, del D.L.vo 15 dicembre 1997 n. 446, mentre, nel secondo caso, potrebbe godere di tali agevolazioni.

    È, quindi, necessario soffermarsi sulla distinzione tra contratto di concessione e contratto di appalto, alla luce, non solo della giurisprudenza di legittimità e di quella amministrativa, ma anche di quella comunitaria.

    2.3 Come è stato già rilevato da questa Corte (Cass., Sez. 6^-3, 6 maggio 2015, n. 9139; Cass., Sez. 5^, 11 agosto 2020, n. 16889), anche la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha puntualizzato (Cons. Stato, Sez. 5" 9 settembre 2011, n. 5068) che «(...) le concessioni, nel quadro del diritto comunitario, si distinguono dagli appalti non per il titolo provvedimentale dell'attività, né per il fatto che ci si trovi di fronte ad una vicenda di trasferimento di pubblici poteri o di ampliamento della sfera giuridica del privato (che sarebbe un fenomeno tipico della concessione in una prospettiva coltivata da tradizionali orientamenti dottrinali), né per la loro natura autoritativa o provvedimentale rispetto alla natura contrattuale dell'appalto, ma per il fenomeno di traslazione dell'alea inerente una certa attività in capo al soggetto privato».

    2.4 In sostanza, la caratteristica principale della concessione, ossia l'autorizzazione a gestire o sfruttare un'opera o un servizio, implica sempre il trasferimento al concessionario di un rischio operativo di natura economica che comporta la possibilità di non riuscire a recuperare gli investimenti effettuati ed i costi sostenuti per realizzare i lavori o i servizi, rischio che non sussiste quando la pubblica amministrazione si obbliga a coprire eventuali perdite occorse nell'esercizio dell'attività nell'interesse pubblico (Cons. Stato, Ad. Plen., 30 gennaio 2014, n. 7).

    2.5 Si è, dunque, in presenza di una concessione quando, in base al titolo, l'operatore si assume i rischi economici della gestione del servizio, rifacendosi essenzialmente sull'utenza per mezzo della riscossione di un qualsiasi tipo di canone o tariffa, mentre si sarà in presenza di un contratto di appalto quando l'onere del servizio stesso venga a gravare sostanzialmente sulla pubblica amministrazione.

    Invero, «la qualificazione come concessione di servizio pubblico deriva dalla circostanza che il corrispettivo non è a carico dell'Amministrazione e che l'erogazione del servizio, accompagnata dalla corresponsione di un canone, è compensata dalla concessione del diritto di sfruttare economicamente, ed in esclusiva, il servizio» (Cons. Stato, Sez. 3A, 12 maggio 2016, n. 1927).

    2.6 Quanto appena detto trova piena conferma nella giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la quale ha ribadito che si è in presenza di una concessione di servizi allorquando le modalità di remunerazione pattuite consistono nel diritto del prestatore di sfruttare la propria prestazione ed implicano che quest'ultimo assuma il rischio legato alla gestione dei servizi (Corte Giust., 15 ottobre 2009, in causa C- 196/08), mentre in caso di assenza di trasferimento al prestatore del rischio legato alla prestazione, l'operazione rappresenta un appalto di servizi (Corte Giust., 10 settembre 2009, in causa C-206/08, la quale stabilisce che, nel caso di un contratto avente ad oggetto servizi, il fatto che la controparte contrattuale non sia direttamente remunerata dall'amministrazione aggiudicatrice, ma abbia il diritto di riscuotere un corrispettivo presso terzi, è sufficiente per qualificare quel contratto come «concessione di servizi» ai sensi dell'art. 1, n. 3, lett. b), della Direttiva emanata dal Parlamento Europeo e dal Consiglio dell'Unione Europea il 31 marzo 2004 n. 2004/17/CE, allorché il rischio di gestione nel quale incorre l'amministrazione aggiudicatrice, per quanto considerevolmente ridotto in conseguenza della configurazione giuspubblicistica dell'organizzazione del servizio, è assunto integralmente o in misura significativa dalla controparte contrattuale).

    2.7 La distinzione sopra delineata tra concessione e appalto pubblico di servizi è stata, d'altro canto, ribadita anche dalla Direttiva emanata dal Parlamento Europeo e dal Consiglio dell'Unione Europea il 31 marzo 2004 n. 2004/17/CE, la quale, intervenendo per eliminare le anomalie insite nelle singole normative nazionali, ha dettato una disciplina organica e completa in materia di concessioni.

    La predetta direttiva, infatti, ha fornito una definizione specifica del contratto di concessione, all'art. 2, par. 1, lett. a) e b), prevedendo che per «concessione di servizi» si intende un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più amministrazioni aggiudicatrici o uno o più aggiudicatori affidano la fornitura e la gestione di servizi diversi dall'esecuzione di lavori ad uno o più operatori economici, ove il corrispettivo consista unicamente nel diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o in tale diritto accompagnato da un prezzo. Dalla lettura di tale definizione emerge chiaramente che il tratto che distingue la concessione dall'appalto si rinviene nel fatto che, nel contratto di concessione, il corrispettivo derivante dall'erogazione del servizio è proprio il diritto di gestire il servizio o i lavori oggetto del contratto, diversamente da quanto accade nell'appalto, nel quale il corrispettivo che deriva dall'esecuzione di lavori o dalla gestione di servizi è l'erogazione di un contributo economico che viene pattuito con la stazione appaltante e dalla stessa viene erogato.

    2.8 La netta distinzione tra le due figure è stata recentemente ribadita dalla giurisprudenza di legittimità, la quale ha sancito che, in tema di affidamento di servizi da parte della pubblica amministrazione ad imprese private, la linea di demarcazione tra appalti pubblici di servizi e concessioni di servizi risiede in ciò, che i primi, a differenza delle seconde, riguardano di regola servizi resi alla pubblica amministrazione e non al pubblico degli utenti, non comportano il trasferimento del diritto di gestione quale controprestazione e non determinano, infine, in ragione delle modalità di remunerazione, l'assunzione del rischio di gestione da parte dell'affidatario; pertanto, nell'ipotesi in cui l'amministrazione debba versare un canone al gestore dei servizi e questi non percepisca alcun provento dal pubblico indifferenziato degli utenti, il rapporto va qualificato in termini di appalto di servizi (in termini: Cass., Sez. Un., 28 maggio 2020, n. 10080).

    2.9 Così individuata la distinzione tra concessione e appalto pubblico, venendo all'esame del caso di specie, il collegio osserva che il giudice di appello, aderendo alla tesi difensiva della contribuente, la quale ha sostenuto nel giudizio di merito che il contratto con il quale essa ha ottenuto il servizio di gestione è assimilabile ad un contratto di appalto di servizio, ha affermato che la società è legittimata a beneficiare delle deduzioni relative all'IRAP.

    2.10 Ciò posto, alla luce di una retta applicazione dei criteri ermeneutici fissati dall'art. 1362 cod. civ., il tenore letterale e logico delle pattuizioni del "contratto di servizio" (il cui testo è stato puntualmente trascritto in ricorso, per la parte rilevante nel presente giudizio) conferma la qualificazione del rapporto corrente tra ente locale e gestore del trasporto pubblico locale in termini di concessione di pubblico servizio, anziché in termini di appalto di servizio.

    In tal senso, si possono particolarmente richiamare gli artt. 2, comma 3, 4, 12 e 21 del "contratto di servizio", la cui testuale formulazione si riporta di seguito:

    - art. 2, comma 3: «È attribuita al Gestore la titolarità del corrispettivo definito in sede di aggiudicazione e dei ricavi tariffari, derivanti dalla vendita dei titoli di viaggio disciplinati dal successivo art. 12, oltre che dei ricavi e dei vantaggi economici derivanti dalle iniziative di valorizzazione commerciale di cui al successivo art. 13. L'importo del corrispettivo è comprensivo dei minori introiti conseguenti ai titoli di gratuità e alle agevolazioni tariffarie»;

    - «1. L'Ente affidante corrisponde al Gestore quale corrispettivo per l'erogazione dei servizi e l'adempimento degli obblighi derivanti dal Contratto un corrispettivo annuo di € 3.206.145,63 (euro tremilioniduecentoseimilacentoquarantra- cinque/63) + IVA, per complessivi € 22.443.019,41 (euro ventiduemilioniquattrocentoquarantatremilazerodiciannove/41) + IVA per l'intera durata del Contratto. 2. L'Ente affidante determina il corrispettivo unitario chilometrico, quale rapporto tra l'offerta economica per la rete aggiudicata al Gestore e le percorrenze dei servizi oggetto dei programmi d'esercizio allegati al presente contratto, pari a € 1,4397 (euro uno/4397) vettura-chilometro. 3. A seguito dell'adozione da parte dell'Ente affidante di atti di politica tariffaria modificativi di quelli in vigore, e in particolare qualora le modifiche riguardino l'adozione del sistema tariffario a zone su conforme normativa regionale, i livelli tariffari daranno rivisti secondo l'intesa sottoscritta tra le parti il 29/10/2004 e approvata il 23/11/2004 con la Deliberazione di Giunta Comunale n. 162, citata in premessa. 4. Eventuali risorse statali e/o regionali appositamente trasferite all'ente affidante inerenti la parziale copertura degli oneri dei C.C.N.L. autoferrotranvieri e inerenti la compensazione economica relativa agli obblighi di trasporto per i fruitori di tessera di libera circolazione o agevolazioni tariffarie, saranno attribuite al gestore in relazione a quanto di sua competenza. Parimenti altre eventuali risorse, al momento non prevedibili, sempre appositamente trasferite dallo Stato e/o dalla Regione all'ente affidante a titolo di sostegno del trasporto pubblico locale oggetto del presente Contratto, ivi comprese eventuali risorse per remunerare la variazione dei corrispettivi di cui al successivo art. 8, saranno attribuite al gestore in relazione a quanto di sua competenza. 5. Eventuali conguagli dei corrispettivi spettanti, nei casi di modifiche dei programmi di esercizio di cui al successivo art. 8 saranno calcolati sulla base del corrispettivo unitario chilometrico»;

    - art. 12: «1. Il Gestore adotta i titoli di viaggio e le relative tariffe in vigore al momento della sottoscrizione del contratto, come specificato nel documento 3 così come integrato dall'Intesa datata 29/10/2004 di cui alla delibera di Giunta Comunale n. 162 del 23/11/2004, citata in premessa (...). 2. Le parti si impegnano ad adeguare le tariffe ed il sistema tariffario nel suo complesso in coerenza con gli atti emanati dalla Regione e dall'Ente affidante nel periodo di vigenza contrattuale. 3. Nell'ambito della propria politica commerciale il Gestore, previo assenso dell'Ente affidante, può introdurre titoli di viaggio e tariffe ulteriori rispetto a quelle indicate nel citato documento 3. 4. Le parti valutano gli effetti economici delle modifiche sul sistema tariffario di cui al precedente comma 2 e concordano l'eventuale revisione del corrispettivo contrattuale (...). 5. Il Gestore si impegna altresì ad applicare le tariffe agevolate e i titoli di gratuità secondo le disposizioni normative statali e regionali vigenti. (...) 7. Nel periodo di vigenza del Contratto, il Gestore è tenuto ad adempiere agli obblighi derivanti dall'adozione da parte dell'Ente affidante: - di un sistema tariffario integrato con le modalità ed i limiti di cui all'intesa datata 29/10/2004 approvato con Deliberazione di Giunta Regionale n. 162 del 23/11/2004; - di sistemi di bigliettazione tecnologicamente innovativi (...)»;

    - art. 21: «1. In considerazione degli obiettivi regionali di miglioramento dell'efficacia, dell'efficienza e dell'economicità,

    il Gestore si impegna:

    - a far sì che il numero dei passeggeri trasportati paganti si incrementi nella misura del 7% (sette per cento) in tutto il periodo di vigenza contrattuale (...)».

    2.11 Dunque, dal coordinamento sistematico delle pattuizioni analizzate, è evidente la concorrenza della concessione di servizio e della tariffa remunerativa, la quale esclude per il gestore del trasporto locale la possibilità di avvalersi della deduzione dell'IRAP. Invero, la remunerazione del servizio grava a carico degli utenti che se ne avvalgono e versano al gestore un corrispettivo commisurato alle tariffe stabilite dall'ente affidante in base alla normativa statale e regionale, non essendone alterata la natura dalla contestuale erogazione di un contributo annuale in misura fissa per la gestione del servizio, il quale non rappresenta il prezzo del servizio medesimo, ma soltanto il concorso alle relative spese di gestione.

    Siffatta peculiarità del "contratto di servizio", nell'accezione delineata dall'art. 19 del D.L.vo 19 novembre 1997 n. 422 (in materia di "Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell'articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59"), è evidenziata dall'espresso richiamo (del comma 3) all'art. 14, comma 2, lett. b, del regolamento emanato dal Consiglio dell'Unione Europea il 26 giugno 1969 n. 1191/69, quale modificato dal regolamento emanato dal Consiglio dell’Unione Europea il 20 giugno 1991 n. 1893/91, il quale individua, tra gli elementi del "contratto di servizio pubblico" (inteso dall'art. 14, comma 1, del medesimo regolamento come «un contratto concluso fra le autorità competenti di uno Stato membro e un'impresa di trasporto allo scopo di fornire alla collettività servizi di trasporto sufficienti»), anche «il prezzo delle prestazioni che formano oggetto del contratto, che si aggiunge alle entrate tariffarie».

    Peraltro, è significativo come tale qualificazione sia coerente anche con la nozione normativa della "concessione di servizi", che il successivo art. 3, lett. vv), del D.L.vo 18 aprile 2016 n. 50 (c.d. "Codice degli appalti") definisce, su un piano più generale, come «un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più stazioni appaltanti affidano a uno o più operatori economici la fornitura e la gestione di servizi (...), riconoscendo a titolo di corrispettivo unicamente il diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o tale diritto accompagnato da un prezzo, con assunzione in capo al concessionario del rischio operativo legato alla gestione dei servizi».

    In tal senso, anche l'art. 165, commi 1 e 2, del D.L.vo 18 aprile 2016 n. 50 (c.d. "Codice degli appalti") chiarisce che, per quanto «nei contratti di concessione (...), la maggior parte dei ricavi di gestione del concessionario proviene dalla vendita dei servizi resi al mercato», ai soli fini del raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario, «in sede di gara l'amministrazione aggiudicatrice può stabilire anche un prezzo consistente in un contributo pubblico».

    2.12 Pertanto, il giudice di appello ha fatto malgoverno dei principi enunciati, in base ad un'erronea applicazione dei canoni normativi sull'interpretazione delle pattuizioni contrattuali (sindacabile dal giudice di legittimità: Cass., Sez. 3^, 6 febbraio 2007, n. 2560; Cass., Sez. 3^, 10 maggio 2018, n. 11254; Cass., Sez. 6^-3, 11 febbraio 2021, n. 3590), ravvisando, con una palese distorsione del senso letterale delle parole e della comune intenzione delle parti, nel rapporto corrente con l'ente affidante un appalto di servizio e riconoscendo al gestore la conseguente deduzione dall'IRAP, là dove i fatti accertati nel merito si prestavano ad una diversa classificazione.

    3. Valutandosi la fondatezza del secondo motivo e l'infondatezza del primo motivo, dunque, il ricorso può essere accolto entro tali limiti e la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

     

    P.Q.M.

     

    Accoglie il secondo motivo, rigetta il primo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

 

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